LEGGENDE NAPOLETANE
unico è l'amore, è il sagrifizio: giammai sarete amate come quelle donne lo saranno. Virtù, dolcezza, abnegazione, serenità, calma, felicità sono vani
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una sera e splendevano di luce vivida quelle finestre; attorno attorno il palazzo, sul mare, si cullavano barchette di piacere adorne di velluti che si
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usura e tosava le monete d'oro; al secondo una giovane bella, di quelle che sono la tentazione e la dannazione dell'uomo; al terzo un marito ed una
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tuo labbro rosso come il fiore del granato. E quasi o mia bella ed impenetrabile sfinge, dal viso puro e colorito come il granito di quelle statue
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quella dell'anima: ella era una di quelle donne incantatrici, fredde e sprezzose che non possono né godere, né soffrire. Paiono fatte di pietra, di una
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letto, guarda volare le mosche, conta i fiorami delle pareti ed i travicelli del tetto, sentiva volentieri quelle parole che dalla via pareva gli
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nel palpito del mare: sono pescatori che stordiscono, con la fiaccola, il pesce. In quelle acqua un giovanetto nuotatore bello e gagliardo, vinto
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quella pacifica parte di Napoli vecchia che costeggia la Sapienza. Corre la leggenda per quelle vie, cade nel rigagnolo, si rialza, si eleva sino al cielo