LEGGENDE NAPOLETANE
gigantesche e fra i serpenti azzurri dagli occhi ammaliatori. Egli amava lontano in un punto indefinito, in un paese sconosciuto, con un amore sconfinato ed
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della riva, colpito dal rispetto alla divinità, torceva gli occhi allontanandosi, e le coppie di amanti cui era bello errate abbracciati sulla
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dagli occhi sgomentati. Per pietà di quel piccolo essere, le suore lasciarono la madre a nutrirlo e curarlo. Ma col tempo che passava, non cresceva molto
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capelli neri senza un filo bianco e gli occhi suoi, bruni come il carbone, brillavano come quelli di un giovanetto, ma la pelle del viso era gialla
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roseo; nei grandi occhi glauchi, cristallini, il lampo dello sguardo era verde e freddo; le labbra carnose, rosse, come il granato, dovevano essere
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occhi neri, severo il profilo, smorto il volto, roseo-vivo il labbro, ma parco di sorrisi, parchissimo di detti; tutta la persona scultorea, altera
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occhi, lasciandoci rotolare in un abisso senza fondo dove è cosi dolcemente doloroso finire la vita? Perché non parliamo noi di amore sino a che la voce
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, rassomigliano ad occhi senza pensiero; nei portoni dove sono scomparsi gli scalini della soglia, entra scherzando e ridendo il flutto azzurro, incrosta
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piegata, sul lato diritto, le mani prosciolte. I capelli sono arruffati, quasi madidi del sudore dell'agonia. Gli occhi socchiusi, alle cui palpebre
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fronte bassa e limitata di dea, i grandi occhi neri, la bocca voluttuosa, la vivida candidezza della carnagione, lo stupendo accordo della grazia e
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mare di Napoli. Ancora vi appare e scompare rapidissima innanzi agli occhi una visione azzurra; ancora un molle suono, quasi indistinto e fuggente
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il sole, dei prati verdeggianti dove pascola quietamente il bove dai grandi occhi nei quali il cielo si riflette, l'amore dei boschi oscuri e
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costanza. Ei lavorava per la felicità dell'uomo e cotale altissimo scopo gli era innanzi agli occhi come visione animatrice; alla fine, dopo molti