LEGGENDE NAPOLETANE
noi ricchi di cuore e di cervello, ci abbassiamo dalla nostra altezza per compatirli. E forse sono fantasmi e noi sorridiamo e desideriamo che ciò sia
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Parthenope, quasi-Dea, creatrice, sorge la poesia di Virgilio, creatore, quasi-Divino. Noi conosciamo Virgilio il poeta delle " Egloghe ", delle
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, affannandosi. - Dio e voi offendemmo. Grave il peccato, grave l'espiazione. Ecco, ancora non giunsero per noi i venti anni e noi abbandoniamo questo mondo
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della finestra socchiusa. Noi siamo tristi, ed il sangue che monta al capo, ci dà la vertigine: noi abbiamo l'anima di piombo e la bocca amara; noi
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Mancano a noi le nere foreste del Nord, le nere foreste degli abeti, cui l'uragano fa torcere i rami come braccia di colossi disperati; mancano a noi
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triste presagio. O giorni, o giorni scombuiati, feroci e maledetti. Ma perché in questi giorni non amiamo noi, sino a morirne? Perché non chiudiamo gli
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montagna volle e Pompeja morì. Quando la montagna vorrà, Napoli sarà distrutta: e il terribile e bel vicino che noi guardiamo con ammirazione e quasi
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interessano le cifre, voi la cui vita è tutta una poesia. L'epoca io la so, poiché noi grandi abbiamo l'infelicità di sapere troppe cose inutili, di
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Dio ha fatto per i poeti, per i sognatori, per gl'innamorati di quell'ideale che informa e trasforma l'esistenza. Quando il Signore ebbe dato a noi il