LEGGENDE NAPOLETANE
La cappella è glaciale. Pavimento di marmo, marmo alle pareti, tombe di marmo, statue di marmo alle pareti, tombe di marmo, statue di marmo. Un marmo
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Diomede non amava che madonna Isabella che aveva fama di donna crudele e disamorata; difatti ella non fece che sorridere appena alle frasi amorose che
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alla debole penna. Ma in una notte profonda, quando più alle anime loro si schiudeva la celestiale beatitudine del paradiso, mani traditrici e
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ferite ed ottime come condimento alle vivande; fu Virgilio che insegnò ai giovani i giuochi delle melarance e delle piastrelle che s'ignoravano; fu
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scarponi di cuoio grosso e le calze bucate; aveva un lungo soprabito, le cui falde svolazzavano, che gli si adattava male alla vita, alle spalle, al
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ornatrici, prendeva bagni di latte d'asina, portava alle gentili orecchie due pesanti perle che le laceravano la carne, le sue tuniche parevano tessute
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alle donne, dando la mano da baciare ai cavalieri grandi di Spagna di prima classe come lei, stava Donna Anna di Medina Cœli. L'occhio grigio dal
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nardo le seducenti etere, correvano giovani e vecchi al foro, alle terme, ai teatri, sulle porte delle case erano sospese corone di rose olezzanti: la
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, aneleremmo alle cupe ombre dello Stige. Vuoi tu partire meco, Parthenope? - Io sono la tua schiava, amore. - Pensa: dimenticare la faccia di tuo padre
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lunghi lavori delle sue donne sul broccato d'oro, alle trine di lucido filo d'argento, agli arazzi istoriati, andando da un telaio all'altro