LA DANZA DEGLI GNOMI E ALTRE FIABE
bambina; come ti chiami? - Piumadoro. - Io mi chiamo Pieride del Biancospino. Vado a disporre i miei bruchi in terra lontana. Un giorno forse ti
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Isole Fortunate, ed è quegli che ti chiama da tanto tempo con la sua canzone. É vittima d'una malìa opposta alla tua. Cinquecento coppie di buoi lo
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occhi. Erano la farfalla, la cetonia ed il soffione. - Il vento ci porta con te, Piumadoro. Ti seguiremo e ti aiuteremo nel tuo destino. Piumadoro si
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un sorriso di delusione. - Non sdegnare il mio dono, o Prataiolo. Ti sarà più utile che tu non pensi. Ti basterà distendere la camicia per terra e
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sono perduto; accoglietemi per carità. - Vieni avanti, figliuolo mio. Fortunato entrò nel tepore della capanna. - Ti farò parte della mia cena; ti
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quel poveretto! - gli consigliò la giumenta. Nonsò ubbidì e l'uccello disse: - Grazie, Nonsò; quando ti sia necessario, chiamami e saprò sdebitarmi
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impigliata nei suoi capelli d'oro. - Ho passata la notte nei tuoi capelli ed ora son prigioniera... Liberami e ti ricompenserò! Chiaretta liberò le zampine
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sorridendo; assentì col capo: - Andiamo, dunque. Ti farò vedere tutto il mio regno. Proseguirono insieme, tenendosi per mano, fissandosi negli occhi, estasiati
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impaziente. La gazza risalì di due rami. - Che lavoro stai facendo? - Dei cucchiai, se ti piace! - le rispose Desiderio, beffandola. - Cucchiai
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v'introdurrai la mano troverai cento scudi. A te, Sansonetto, che sei contadino e avrai da sfamare molti uomini, lascio questa tovaglia sgualcita: ti basterà
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notte. - C'è la luna più chiara del sole! - Mamma, ho paura! Andrò domattina all'alba... - Ti ripeto d'andare! - replicò la matrigna. - Mamma
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; avrai ogni cosa che ti talenta e un lauto stipendio. - Quali sono le mie incombenze, signoria? - Dovrai aver cura dei cavalli che ho nelle mie scuderie