L'arte contemporanea tra mercato e nuovi linguaggi
anni Cinquanta e Sessanta fu ministro della Cultura del governo De Gaulle, «il capolavoro non mantiene un monologo sovrano, impone il dialogo
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Horkheimer nella prima metà del Novecento, negli anni Sessanta Guy Debord e dagli anni Novanta, tra gli altri, Paul Virilio e Slavoj Žižek. Il volere
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maniera in cui è stata sentita ed espressa la rivoluzione sessuale degli anni Sessanta. La nudità provocatoria ma non fine a se stessa di artiste come
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diventare commento alla grafica consumista, spesso ricca di elementi quotidiani, con la Pop Art e le pratiche realiste emerse dagli anni Sessanta e
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Questo vasto insieme di esperienze ha portato, a partire dagli anni Sessanta, a opere che hanno come soggetto l’individuo e il suo comportamento
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anni Sessanta e gli anni Settanta nell’arte minimalista: una definizione che, dopo essere comparsa per la prima volta nel 1937 in uno scritto di John
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Con gli anni Sessanta, l’opera ha perso la sua tangibilità fisica e si è tramutata in performance, idea, intenzione concettuale. Non potendo più
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Gerhard Richter con Atlas, un immenso archivio, iniziato nei primi anni Sessanta e tuttora in fieri, dal duplice volto: catalogo di modelli iconografici
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altri materiali trovati. Negli anni Sessanta e Settanta, la vasta espansione dell’ideologia contro la mercificazione delle opere ha portato a
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Appropriandosi dell’immagine massificata, Warhol e altri artisti dell’area pop hanno riflettuto dagli anni Sessanta sul consumo bulimico di immagini
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’espressione usata dal critico Okwui Enwezor, che trova in quel silenzio mobile un suo incipit. Gli artisti concettuali degli anni Sessanta e Settanta
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breve come il quadro di Grosso. Ma a volte, come nel caso di opere a sfondo sessuale degli anni Sessanta, l’artista ci sta parlando di una rivoluzione
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A partire dai primi anni Sessanta, comunque, le invenzioni sulla maniera di essere mediatore tra il pubblico e gli artisti si sono sostanzialmente
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riuniscono in gruppo dando vita a enti e associazioni non profit. Pensiamo alla storica Dia Foundation, che tra gli anni Sessanta e Settanta permise la
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. All’inizio della pratica performativa, negli anni Sessanta, nessun artista pensava di vendere le proprie opere e, anzi, si agiva in un’ottica
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È il caso, d’altronde, di quasi tutta l’arte dematerializzata diffusasi a partire dagli anni Sessanta-Settanta, che ha vissuto un profondo paradosso
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