L'arte è contemporanea. Ovvero l'arte di vedere l'arte
basta. Il che non vuol dire che, per esempio, Vanessa Beecroft, che fa quelle installazioni di donne vestite o non vestite, nude o con fiocchetti in
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, mi viene a trovare un giovane, e dice: “Le ho portato una cosa che sento le piacerà.” Sì, ma non mi piace affatto! Ora quelle cose non hanno ragione di
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Arcangeli ci spiegò quelle opere rivelandoci il loro rapporto profondo con l’arte romanico-padana, attraverso un paragone impressionante fra il primo
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possibilità di vederli nelle varie Biennali, ossia in quelle esposizioni ufficiali che per anni hanno stabilito in Italia chi fosse artista contemporaneo
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incapacità di distinguere l’arte dalla realtà quanto l’incapacità di quell’arte, ossia dell’arte esposta in quelle Biennali, di farsi percepire come arte
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epoca e quelle successive, in un continuo esserci che la rende costantemente contemporanea, a dispetto di tutti i passaggi di civiltà e di cultura
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noi abbiamo visto era una rappresentazione. In tempo reale. Ricordo che, come tanti altri, quando vidi quelle immagini in tv pensai subito che si
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’artista contemporaneo realizza nel proprio studio un’incisione, un dipinto, una natura morta, un bozzetto, e non sa dove andranno, perché quelle opere
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ed escludere sulla base delle mie preferenze o di quelle del collezionista con cui faccio affari.
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Gli artisti devono confondersi con il mondo, farsi coinvolgere nella vita, stare sulle pareti delle case e non soltanto su quelle asettiche dei musei
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delegando la gestione a una struttura basata su fondi privati. Avrebbe più senso destinare quelle risorse, peraltro scarse, al recupero di ciò che l
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definii quelle visioni, con un’iperbole, “la Cappella Sistina della modernità”.
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