L'arte è contemporanea. Ovvero l'arte di vedere l'arte
, meno conosciuto, che improvvisamente veniva celebrato con una mostra straordinaria. Quel viaggio lo feci a vent’anni, stimolato da Francesco Arcangeli
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In quel rapporto tra cose lontane, un altro stimolo straordinario fu quello degli accostamenti che Arcangeli ci indicava fra il Piero della Francesca
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A quel punto, la moglie di Sordi, stanca per la scarpinata, prende la sedia di un custode e si siede in mezzo a una sala mentre il marito va a
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che in quel momento percepivamo quelle, come vedessimo un film.
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non esistessero, perché nessuno a parte i pesci in quel fondo di mare che per secoli li ha custoditi aveva la possibilità di vederli. E un’opera d
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che l’arte deve coincidere con la vita. L’arte non è la rappresentazione di un’emozione anche assolutamente semplice, pura, diretta cioè quel passo
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di mercato: qualunque artista di qualunque disciplina vuole comunque rendere pubblico il proprio lavoro, perché quel lavoro è il suo modo di
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, di qualità espressiva, e finisce per favorire proprio quel successo che, negato in vita, l’artista riuscirà a ottenere quando, ormai morto, non potrà
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banco di prova di quel rapporto mercato-arte su cui si fonda l’esperienza estetica contemporanea. L’arte del passato non aveva il problema del mercato
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dissimulare un’offensiva in piena regola del ‘business dei beni culturali’ (copyright di Salvatore Settis) contro quel poco di buon senso che resta nel
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quel costo deve affrontarlo una struttura pubblica? Per chi sostiene la spesa, il Riso? Per il cittadino di Palermo che guadagna settecento euro al mese
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realtà. È un modo che fino a quel momento non c’era, e l’artista è colui che anticipa qualcosa che poi tutti avvertiranno. Se siamo abituati a percepire
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curatore era un critico che fino a quel momento avevo ignorato, forse perché additato come “nemico” da Barilli: Gianfranco Bruno.
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premeditazione, la forma predefinita che diventa il grande affresco, quel passaggio che rende difficile stabilire se vi sia più tensione in un disegno di
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Quello che mi colpì quando una notte andai al Leoncavallo fu che quel centro sociale era un luogo di produzione di idee e di visioni, tanto che
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, che ci appare tanto più anomala perché non richiesta da alcuno, ma resa possibile da pittori che “conquistavano” quel grande spazio con uno spray. Per
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Cinquecento entra in contrasto con la storia che quel muro rappresenta, esattamente come chi volesse sfregiare una tela di Caravaggio: in questo come in
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