L'arte è contemporanea. Ovvero l'arte di vedere l'arte
avverte di essere di fronte a qualcosa che si chiama “arte”.
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essere un fatto terapeutico, per cui l’artista si cura con l’arte che produce, ma diventa qualcosa che riesce a “curare” anche altri. È in questo momento
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[V. S.] Le generazioni si chiamano tali in quanto testimoniano un tempo in cui si è fatto qualcosa. Allora, per avere una generazione, cioè
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, del sangue, della carne, degli umori, di qualcosa che non era l’arte distaccata, fredda, frigida, bensì l’arte come vita. Testori la inseguiva nell
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, rendendo difficile la visita di molti padiglioni, insieme alla possibilità di trovare qualcosa che fosse memorabile. Se io chiedessi ai miei colleghi
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’impero Romano d’Oriente. Noi oggi lo studiamo come uno iato nella Storia, ma chi viveva allora avvertiva qualcosa di non immediatamente percepibile nei
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Adesso siamo nel 2012. Qualcosa è accaduto e, soprattutto, qualcosa è stato distrutto. Non a caso, l’11 settembre del 2001 si inaugura il nuovo
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esprimersi, ed esprimere significa già etimologicamente portare fuori, spinger fuori, portare alla luce qualcosa. Dove la luce è l’attenzione degli altri, la
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realtà. È un modo che fino a quel momento non c’era, e l’artista è colui che anticipa qualcosa che poi tutti avvertiranno. Se siamo abituati a percepire
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Nel secolo scorso, infatti, è avvenuto qualcosa di traumatico e straordinario: sia in letteratura sia in pittura, la grande produzione narrativa
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inscritte in una dimensione comunque funerea, morbosa, per la delizia di anime belle, afflitte dall’idea di tentare di trovare nella pittura qualcosa che c
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esprima per frammenti, tessere di mosaico che sono la pubblicità, il cinema, la televisione, qualcosa di pittura e di scultura, la decorazione. Oggi
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dalla nostra trasgressione nasca qualcosa che viva nella fantasia di tutti e che sia per tutti. E dobbiamo quindi operare non su un piccolo riquadro che
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