L'arte è contemporanea. Ovvero l'arte di vedere l'arte
vuol dire esserlo come lo sono le opere che resistono al tempo, oppure essere nati nel nostro tempo. Noi due siamo contemporanei. Io ho cinquantanove
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basta. Il che non vuol dire che, per esempio, Vanessa Beecroft, che fa quelle installazioni di donne vestite o non vestite, nude o con fiocchetti in
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Achille Funi, di cui era amica, si fa per dire. E, insomma, si dicevano delle cose opposte sul fascismo a Ferrara. Ed è finita che si gridavano l’un
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bellissime. Ma come dire che non era “contemporaneo”? Eravamo insieme, della stessa generazione, lui del 1911, io del 1910. Io sono ancora qua. Sennonché
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mistero della sorpresa, il rischio compiaciuto dell’imprevisto. Perché se il passato ha detto molto, il presente può forse dire altrettanto o
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dal privato e andare verso una destinazione civile, un desiderio di dire a tutti, ma soprattutto per tutti, ossia per chi non sa o non può dire.
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, poiché moriva dove arrivava. Un dipinto antico, possiamo dire qualunque dipinto antico, è stato realizzato per un “testa a testa”, per un confronto
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, cinquanta milioni di euro servono a dire “quell’artista vale”.
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mercato è che si possa dire: “quello è un De Chirico”, “quello è un Burri”, “quello è un Fontana”.
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Occorre che chi colleziona dipinti di arte Guglielmo Janni, Pesi e trapezi, 1937. contemporanea sappia immediatamente dire: questo è l’autore. E
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è incontenibile, e non si può neanche dire che la quantità si contrapponga alla qualità, data la varietà e la curiosità delle esperienze. Dunque come
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!”. Come a dire: “Sei così verosimile che ti manca solo la parola.”
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quello che faceva Visconti o che fa, talvolta ridondando, Zeffirelli), ma anche per sintesi efficacissime, con forme di preterizione, di “non dire
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imprescindibile: ed è lo stesso principio per cui a metà del Quattrocento erano tanto importanti la pittura a olio e le tecniche fiamminghe, vale a dire l'hi-tech
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