Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

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L'arte è contemporanea. Ovvero l'arte di vedere l'arte

266820
Sgarbi, Vittorio 40 occorrenze
  • 2012
  • Grandi Passaggi Bompiani
  • Milano
  • critica d'arte
  • UNIFI
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L'arte è contemporanea. Ovvero l'arte di vedere l'arte

I più importanti movimenti artistici d’avanguardia sono dunque espressioni d’arte che corrispondono pienamente al periodo in cui si manifestano

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, pensando ai tempi della prima guerra mondiale, ha, in quegli stessi luoghi, immaginato un museo con torri di vetro su cui sono riprodotte le poesie del

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essere un fatto terapeutico, per cui l’artista si cura con l’arte che produce, ma diventa qualcosa che riesce a “curare” anche altri. È in questo momento

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[V. S.] Le generazioni si chiamano tali in quanto testimoniano un tempo in cui si è fatto qualcosa. Allora, per avere una generazione, cioè

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’avanguardia, arrivati ai trent’anni si fermano e rimangono fermi fino ai settanta. Per cui invece di essere l’avanguardia sono la peggior retroguardia. E

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Achille Funi, di cui era amica, si fa per dire. E, insomma, si dicevano delle cose opposte sul fascismo a Ferrara. Ed è finita che si gridavano l’un

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, quello per cui si debba andare, come accadde a me, nel 1973, con la mia prima grande emozione di fronte all’arte contemporanea.

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Romanticismo all’informale”, in cui ci insegnava e trasmetteva la propria passione, quella passione che lo portò alle lacrime quando, nel 1958, si

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voluto chiamare “Scuola di Scicli”, il cui caposcuola è Piero Guccione, e che annovera il più giovane Franco Polizzi, e poi Carmelo Candiano, Franco

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sua natura, una cifra universale, cui il critico, l’esegeta, può certo aggiungere l’interpretazione: ma in realtà l’opera d’arte è, e basta. Così come

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Un rischio che si corre soprattutto in Italia, dove, negli ultimi quarant’anni del Novecento, è stata fatta una battaglia per cui nuovi o non nuovi

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’installazione e dicono: “Che opera interessante! Rappresenta la condizione della donna!” e altre fesserie con cui dimostrano non tanto la propria

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cui stanno, o dovrebbero stare, le opere d’arte. Ecco quindi come questa scena di un film rappresenta Gino de Dominicis, Seconda soluzione di

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avvertire questo trapasso e di giudicarlo, se non in una prospettiva sovrumana qual è quella da cui parla appunto il suo trisavolo.

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millennio con la distruzione di due simboli, segnale di un’epoca in cui ci si avvia a distruggere più che a costruire. Se nel primo ventennio del

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Nel 1951, la grande mostra in cui questo quadro fu ospitato a Milano consacrò Caravaggio come massimo artista sia del suo tempo sia del nostro. Si

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passato -, in un tempo in cui ognuno può aspirare a essere riconosciuto, l’artista si muove nell’ambito di una legittima vanità: ha come suo

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interno di prigione da cui non è possibile fuggire. Personaggi anonimi, molti senza volto, assimilati ai mattoni: il colore con cui sono rappresentate le

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banco di prova di quel rapporto mercato-arte su cui si fonda l’esperienza estetica contemporanea. L’arte del passato non aveva il problema del mercato

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scandalo per cui un artista importante ma “pur sempre” moderno costa più di un artista antico, a telefonare all’esperto per chiedergli se non lo

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mercante diventa un collettore, un punto di riferimento da cui si irradiano e si distribuiscono le opere d’arte.

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palazzo e lo abbellisce, e un Koons o un Murakami di cui ci vorrebbero far credere che il loro kitsch, trasportato a Versailles, ‘dialoghi’ con lo sfarzo

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ed escludere sulla base delle mie preferenze o di quelle del collezionista con cui faccio affari.

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colpisca nell’arte contemporanea -restituendo gli artisti a un circuito di viventi, artisti le cui opere in qualche modo ci riguardano - se non fosse lo

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, fenicia, egizia il cui valore non è in discussione, che poi è la stessa che popola i musei, attirando masse di visitatori e non qualche sparuto manipolo di

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Gianfranco Micciché, il quale sostiene che la Regione ha il dovere di sostenere il Riso, insistendo su un sorta di ricatto morale per cui lo Stato deve

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’arte cosiddetta “astratta”, così come più recentemente per l’arte informale, con cui spesso si identifica con qualche ragione la cosiddetta arte

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realtà cui le due sculture aspirano. Insomma, ero di fronte a Donatello, Il profeta Abacuc, 1423-35. un prodigio, e non l’ho più dimenticato. Con un

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”. Sembra essere questo l’imperativo cui Cattelan obbedisce, nella convinzione che l’opera consista più in ciò che se ne dice che in un’essenza autonoma

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discendenza ha certamente rilievo anche una personalità apparentemente anomala, ma perfettamente coerente, come quella di Oliviero Toscani, sulle cui invenzioni

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come tale. Nulla è infatti più remunerativo che produrre “arte degenerata” in un’epoca in cui il riconoscimento della degenerazione comporta non

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L’arte astratta di cui chiunque conosce qualche esempio ha in una certa epoca caratteristiche precise, e questo permette, vedendo un dipinto di

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sorgente profonda cui continuamente attingere; gli altri, invece, gli artisti che ritornano su se stessi, spegnendosi o come per tanti anni ha fatto

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imprescindibile: ed è lo stesso principio per cui a metà del Quattrocento erano tanto importanti la pittura a olio e le tecniche fiamminghe, vale a dire l'hi-tech

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della televisione: sistemi con cui dagli anni Sessanta in poi non si può fare a meno di confrontarsi.

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figurativa e quella sperimentale, di cui la più accademica è quella di chi si sente avanguardia solo perché non sa dipingere, in un paradosso inestricabile

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congelato nel marmo, sentiamo la passione della carne in composizioni “finite”, in cui emozione e ragione stanno insieme, e in cui la ragione finale

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Che senso ha avuto il collegamento tra la Biennale, di cui mi è stata affidata la direzione, e i luoghi espositivi coinvolti? Intanto sono partito da

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riferimento alla posizione dà anche il senso del rapporto dell’artista con lo spazio in cui e su cui opera: l’artista contemporaneo spesso si è

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nella sua dimora, in cui ha trasferito la propria biblioteca, ha costruito ambienti suggestivi. Qui ha pensato un gigantesco labirinto vegetale, un

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