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Il ritorno del figlio. La bambina rubata.

245462
Grazia Deledda 30 occorrenze
  • 1919
  • Fratelli Treves, Editori
  • Milano
  • Verismo
  • UNICT
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Il ritorno del figlio. La bambina rubata.

veduto in vita mia un uomo così deciso ad ottenere quello che vuole. E doveva fare delle proposte e delle minacce precise, irrevocabili, perchè la zia

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, pauroso che qualche cosa d'insolito fosse accaduto nello stabilimento: il vecchio stava vicino a me, in atto di protezione: appena disse quello che io

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preparato una specie di breve memoriale dove raccontavo quello che avevo imparato nell'istituto, e come non volendo più vivere alle spalle della zia

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Ioro: male più male di quello che mi facevano col destarmi paura non poteva essere. II vento mi diceva tutte queste cose, col suo alito e il suo

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Conservo un ricordo confuso come quello che si ha dei sogni, di quanto avvenne dopo. Mi colse una forte vertigine, tanto che dovettero sostenermi e

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quello che più mi agitava, in fondo, era l'accorgermi che i suoi sentimenti a mio riguardo erano mutati: i suoi occhi mi guardavano con un'espressione

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lei dal parroco col bambino il padrone voleva castigarla per la sua malizia e si mise a sorridere. In fordo faceva sempre quello che le piaceva. - Se

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quello che più mi sorprese fu il vedere che anche là dentro c'erano gatti, conigli, piccioni. La donna però non se ne curava; nè pareva curarsi

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. Vergogna di averlo richiesto con ingratitudine al vecchio: vergogna sopratutto di apparire alla donna quello che non ero: un ingrato. Ma lei non pareva molto

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: qualunque mestiere, fosse anche quello del calzolaio o del pescatore, era buono per me, oramai; e volevo lavorare perchè volevo vivere. E tante altre

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per dirmi qualche cosa che gli altri non potevano sentire; e quello sguardo mi rimescolava tutto. Era come se noi due fossimo complici in qualche

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figura del vecchio marinaio che guarda dalla riva come un padrone guarda il suo podere, è piccola in quello sfondo tumultuoso, sotto il cielo ancora

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lavoro e mi guarda: mi guarda arrossendo e poi reclina di nuovo il viso. Quello sguardo chiaro, vivo, quel rossore, mi penetrano l'anima, ne illuminano gli

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: è come se lui in casa non ci fosse. "II mio sogno è stato sempre quello di avere un figlio: il Signore non ha voluto; e sia fatta la sua volontà

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di fronte a me è bella su quello sfondo, dolce e succosa come un frutto maturo: e basta che io la tocchi con la punta del piede per farla tremare

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facoltà lo smontarsi. La zia lo ascoltava e mi guardava: quando quello finì, stette pensierosa, infine a cenni e per iscritto mi fece sapere che qualcuno

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Quel colloquio mi faceva più male di quello col nano. Cominciai a umiliarmi, a irritarmi. E sopratutto m'irritava la zia: perchè s'immischiava nei

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in fondo mi attirava come una gola di montagna. La seconda volta vidi la donna stessa che si affacciava a quello sfondo e pareva in una Iontananza di

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desiderio fisico, come quello delle madri, un po' morboso, accresceva la mia vera angoscia, che era, in fondo, la coscienza di mancare al mio dovere. La sera

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misterioso di paura. Mi sembrò che la zia stesse male: forse s'era inquietata nel non vedermi tornare, forse sentiva quello che io facevo, quello che pensavo

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una nuova paura mi assale, mentre volgo addirittura le spalle a quello sfondo grigio che mi accompagna di fianco, e cerco di andare verso il fiume

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strana impressione: le parve di riconoscere quello sguardo; ed esaminando meglio gli occhi del bambino si convinse che rassomigliavano a quelli di Bona

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apposta in casa come un regalo, per compensarvi di quello che vi ha tolto? Ma la donna stava ferma, premendosi sulle ginocchia il vassoio; solo scuoteva la

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stato di prima, e lasciava fare agli altri quello che volevano. Così, il cieco passava silenzioso lungo la parete della cucina, poi di quella della stanza

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dell'atto di lei e curioso di vedere chi ella fosse: e quello sguardo la turbò fino al profondo delle viscere. Sì, anche lei aveva veduto altre volte quegli

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domandava spiegazioni, però, e una volta accertatasi che quello che teneva in braccio era proprio un bambino, e che non c'era altro da fare che portarlo

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: sentivo che la nostra voce doveva avere qualche cosa di anormale, di animalesco: preferivo tenere con me un taccuino sul quale scrivevo quello che volevo

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mi aveva deciso ad entrare, si accese e si raddolcì in me. Mio, quel pezzo di terra era mio; il sole che vi batteva era mio; potevo fare quello che

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quello di Fiora, quando le avevo proposto di sposarla. Mi venne desiderio di ammazzare la zia. D'altronde riconoscevo ch'era un'idea ingiusta, la mia

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pagare per me. Questo m'irritava. Stringevo i pugni, sotto il tavolino: secondo quello che accade, ti accorgerai chi sono io, - dicevo con gli occhi al

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