Il ritorno del figlio. La bambina rubata.
curioso, nè si turbava facilmente: adesso poi, dopo la morte in guerra del suo unico figlio diciottenne, era diventato ancor più duro, col cuore arso da una
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nessuna colpa e non accettava nessuna responsabilità. L'uomo insisteva, senza scuotersi, appoggiato al suo bastone come ad una colonna: non ho mai più
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Bisognava dunque più che mai procurarmi un posto; non lontano, però; anzi lì vicino, il più vicino possibile. Il domani mattina andai dal droghiere
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preparato una specie di breve memoriale dove raccontavo quello che avevo imparato nell'istituto, e come non volendo più vivere alle spalle della zia
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lei: ma la vedevo più seria del solito, preoccupata, e avevo rimorso di darle dispiacere: mi faceva pena, ma non potevo confidarmi con lei. Avevo
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? non più mio perchè il droghiere me lo avrebbe preso. A questo pensiero l'angoscia mi serrò forte il cuore: e il mio aspetto doveva rivelare tutto il
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. Ma io avevo dentro di me il mio segreto e questo di giorno in giorno si faceva più grave e mi tirava giù e mi atterrava. V'erano dei giorni in cui
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o ce l'avrebbero portata? E la zia che pensava? La zia non aveva più riparlato del nostro triste segreto, ma era sempre pensierosa, preoccupata. Un
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dell'altro: io mangiavo, ma sempre più avvilito; avevo vergogna di tutto, oramai, vergogna di non aver neppure saputo morire. E il mio rancore si riversava
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rispondeva: la sua attenzione, più che dalle donne, pareva attirata da un uomo coricato su una stuoia, lungo la parete all'angolo del camino; o per
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mattino vaporoso cielo e mare si confondono sotto un velo latteo che fa apparire verdi le vele bianche e rose le vele gialle; più in qua il mare ha
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cartoline illustrate e di altre carte trasse il mio foglio. Lo riconobbi subito e vibrai di nuovo; non più per rabbia, adesso, ma per vergogna
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rinata in me. Sentivo che bastava domandare aiuto per ottenerlo: e qualche altra cosa di più profondo, di più misterioso, che ancora non confessavo a
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davanti alla bella padrona di casa: per lo più erano uomini, ma uomini piuttosto invalidi, vecchi parenti, un capitano di porto a riposo, un prete, un
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leggeva più le mie confidenze davanti a me. Erano lettere innocenti, dove le raccontavo la mia pena, senza rivelargliene la vera causa: mai più in vita
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D'un tratto fui preso da una grande timidezza. Non osavo più tornare dalla moglie del mio creditore, e ne davo la colpa al mio orgoglio, alla paura
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adesso, maturato dal dolore: tutto potevo fare, ma non commettere più una colpa d'amore. Eppure mi arrabbiavo contro me stesso per questa mia onestà: e la
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fosse mia moglie, incinta di un nostro figlio legittimo, e che io la tradissi. Ma appunto per questo il peccato mi attirava di più. Bisogna dire però
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, pensavo, viene per impormi di non frequentare più la sua casa. Lo feci sedere presso il tavolino, al posto dove s'era seduto il nano. Era tutto vestito
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Quel colloquio mi faceva più male di quello col nano. Cominciai a umiliarmi, a irritarmi. E sopratutto m'irritava la zia: perchè s'immischiava nei
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sporgenti. Io leggevo il suo pensiero nei suoi occhi che a stento trattenevano le lagrime e volevano parere freddi, indifferenti. Più tardi ella mi disse
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anch'io e feci cenno di no. No, il terreno io non lo vendevo più; mi sarei venduto l'anima; se occorreva, ma il terreno no. La zia non aveva cessato un
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Dopo non so bene cosa accadde. So che passai due volte davanti alla porta del mio creditore. La rabbia, o qualche cosa di più cieco della rabbia mi
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preoccupava ancora per la casa, per gli animali, e si faceva venire in camera i gatti e i piccioni: adesso non si curava più di nulla. Mi aveva dato
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condannato. E andai nella camera di lei per soffocare il mio rimorso: ma ogni mia cura riusciva inutile: ella aveva la febbre sempre più alta ed era agitata
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più muovere per riguardo suo: o almeno alla superficie la incolpavo di questo, mentre veramente desideravo ch'ella morisse per restar solo nella casa e
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Poi tornai altre volte. La zia non aveva più febbre, ma era così debole che non poteva reggersi in piedi: per la debolezza sonnecchiava sempre, e la
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spiaggia per arrivare con più sicurezza al paese, prima di sera.
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superficiali, pensieri inutili, ombre vane; qualche cosa di più forte mi tiene, in fondo: il proposito di riuscire nel mio intento. E faccio alcuni passi
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Ebbi subito l'impressione di essere inseguito. Forse non lo ero ancora, ma bastò l'impressione per farmi camminare più rapido stringendo a me il
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Quanto tempo errai nella pineta cercando l'ombra più fitta come per dileguarmi per fondermi, ombra anch'io, nelle tenebre, non so. So che quest'ombra
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Finalmente ebbi l'idea di uscirmene davvero, da questa vita, con la mia creatura in braccio. Non c'era più posto per me nella vita. E andai di nuovo
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al soffitto, casse antiche, letti medioevali. In quella di Albina gli oggetti avevano un aspetto ancor più grave, quasi misterioso, illuminati
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padrona dopo la disgrazia non era più stata in chiesa, nè soleva far celebrare messe per il suo ragazzo morto. Bona intanto si aggirava per la camera
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vecchio corpo; i padroni pensano al figlio che non c'è più. Neppure fra loro si vogliono bene: lui solo, Elis, era il ben voluto: tutto l'amore era per lui
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via? La donna riabbassò subito la testa, sembrandole che il cieco la vedesse: non rispose, non parlò più, neppure quando sopraggiunse tutto agitato e
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dir la verità, perchè mi chiamavate ad ogni suo più innocuo disturbo; mi dava più da fare lui che tutti gli altri malati presi assieme. E con quanta
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più rigida osservanza del suo dovere. Eppoi è anche sindaco del paese. Suo dovere, dunque, è adesso, di non passare senza essersi assicurato che il
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Tre giorni il bambino rimase a letto con la febbre: non si lamentava più, ma rifiutava il cibo, finchè a Bona venne l'idea di farglielo offrire da
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piegarsi e rise forte, senza più osare di toccarsi i piedi. E finalmente, finalmente la donna sentì come due pietre sciogliersi entro i suoi occhi
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che le aveva pietrificato il sangue nelle vene; il fatto è che ella non cedeva una goccia sola di questo dolore e non voleva più neppure piangere per
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profondamente quando egli tardava a rientrare. Si decise dunque a scendere dal calesse: d'un balzo fu in terra, agile nonostante la sua non più giovane
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mano di Bona. Davide sembrava, al solito, di cattivo umore, cosa che, del resto, non impressionava più nessuno: piuttosto ci si sarebbe impressionati a
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sordo e muto. La mia mamma morì dal dolore: così almeno mi raccontava una sua sorella che mi prese con sè e mi allevò. Più tardi entrai in un Istituto di
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fanciulla vestita di bianco teneva gli occhi chiusi, e il viso dell'istitutore era più triste del solito. Così la rivelazione dell'amore ebbe per me
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volevo, là dentro. Non mi sentivo più solo nel mondo. Feci tutto il giro della siepe: varchi rattoppati con rami, come quello dove ero entrato, si
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diressi a quella volta: inciampavo fra I'erba, piu ubriaco di quando m'ero sollevato dal ciglio della strada: ma giunto alla siepe mi accorsi che
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nelle vene, e la mia volontà si risvegliasse. Non potevo più dormire. Un giorno mi guardai nello specchio dell'armadio della zia, per vedermi indosso
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silenzio. Dio mi perdoni, ma credo ch'ella mi preferisse e mi mantenesse più che per pietà perchè non parlavo: perchè me ne stavo nel cortiletto e
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