Il ponte della felicità
L'INVENTORE, di G. Chelazzi. 66. - LO ZIO D'AFFRICA, di A. Lichtenberger. 67. - IL VECCHIO MULINO, di S. Rivière. 68. - IL SENTIERO DI CASA ROSSA, di B
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quando Alvise vi salì sopra, e lo fece piombare nel rio. Lo spavento paralizzò Lori, che rimase lì, con gli occhi sbarrati sull'acqua verdastra, alla
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Alvise contava le ore che lo dividevano dalla liberazione; e col trascorrere del tempo il suo entusiasmo cresceva.... Come ipnotizzato, fissava lo
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guardò attorno, stupito. Dove si trovava? Era sogno o realtà ciò che lo circondava? La presenza di Agnolo gli snebbiò la mente. - Così a lungo mi avete
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cuore di Alvise nel rivedere lo stemma argenteo e porporino del Veniero! E più ancora nel trovarsi alla presenza del grande ammiraglio. Questi fissò sui
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lo so, curiosona! - rispose madonna Lucrezia sorridendo al suo tesoro. - Allora, vado da Alvise, eh, mammina? - Sì, piccina mia, vai pure. - Era ormai
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, agli ordini dell'ammiraglio Legni. Don Giovanni d'Austria, dopo aver disposto lo schieramento in maniera che tra galea e galea rimanesse tanto poco
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sorriso di soddisfazione. Lo zio gli aveva detto che in premio del suo valore lo avrebbe nominato capitano della galea sottile Intrepida. Anche Alvise
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non lo vedeva. La notizia della scomparsa di Zuambattista Benedetti e del figlio Alvise l'aveva gettata in un'apatia dalla quale era riuscita a stento
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Teodora attraversarono l'atrio, dove in nicchie profonde si annidavano alcune statue di divinità pagane, quindi salirono lo scalone che conduceva al
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accompagnato da lei nelle sue peregrinazioni attraverso la città, dovunque lo chiamavano incessanti impegni professionali, persino sulle impalcature e
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volontà di superarsi veniva ogni giorno più rafforzata da questi affetti, e se qualche volta la stanchezza e lo scoraggiamento la prendevano, pensava al
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sereno, dal vestito lindo e rassettato, il relitto umano che alcuni mesi prima aveva per tetto il cielo e per dimora la strada? Loredana lo aveva accolto
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esposta al sole di giugno, gli occhi socchiusi rivolti in alto. Anch'egli pregava: pregava per la buona fanciulla che, sola, lo aveva teneramente
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Sagredo e Alvise Benedetti tenevano lo sguardo fisso all'orizzonte dove si profilavano, in un pulviscolo d'oro, le guglie della Serenissima. La loro
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porta dell'arsenale fiancheggiata dai marmorei leoni di Atene che le mettevano addosso un brivido molesto. Poi lo zio l'accoglieva nel suo orticello
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venisse eretto il maestoso tempio che lo avrebbe custodito per millenni. Ed era così immersa in quella contemplazione e nei carie ricordi della sua infanzia
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dalla salsedine, vigilata e quasi serrata dai tronchi delle acacie; e le aiuole, lo spiazzo erboso, il rio, il tiglio, la casetta di nonna Bettina.... Le
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poteva almeno dedicarsi al suo amato lavoro che lo avrebbe certamente consolato di tante cose e distratto dai suoi amari pensieri. Lucrezia Sagredo aveva
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paurose incognite. Ah, fosse stato ancora al mondo lo zio Nane! Si sarebbero rifugiate presso di lui, e lì avrebbero atteso il ritorno del babbo. La
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più mio nipote, - sospirò. - Lo sento incerto e nervoso, e ieri lo vidi appena: stette quasi sempre e fuori. - Sarà forse in pensiero per l'imminente
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sarà vano. - Non è per me, Alvise, che rimango così incerta, credilo! - Lo so, sorellina cara; ma vedrai che prima dell'inverno saremo di ritorno
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prigionia finì. Venne il nostromo, gli tolse i ceppi e lo accompagnò sul ponte dove Zuambattista Benedetti lo aspettava, circondato dai suoi uomini
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. Sorpreso e turbato, il ragazzo scese dal padre e lo informò delle sue osservazioni. Salirono insieme sul ponte. Tutto intorno il paesaggio era diventato
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, che il vento spingeva lontano. Quel sole accarezzò il viso esangue del giovane che giaceva sulla rena, della spiaggia dove le onde lo avevano sospinto
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letizia e di una serenità che gli allargavano il cuore. Era già trascorso un mese e mezzo da che la bufera lo aveva gettato su quell'isola deserta. Egli
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