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sbozzati, e nei quali l’artista inseriva un profondo squarcio, l’equivalente plastico dei suoi tagli. La sensazione d’una corposità quasi carnale di
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eseguite per ragioni meramente decorative e commerciali dall’artista in periodi precedenti della sua attività. Nei due o tre anni che precedettero la sua
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distillata di Castellani, quella di Del Pezzo, e le pareti di Bonalumi, di Scheggi, e, nei padiglioni stranieri, le shaped canvases di Smith e le sculture
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contrari di ipertelia, ossia di eccessiva consapevolezza, o meglio preoccupazione, nei meccanismi atti al raggiungimento d’un determinato telos. Per cui l
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patine e del tocco manuale, e neppure sculture che abbiano pescato nei detriti della junk-culture (come a suo tempo quelle di Chamberlain o di César), ma
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Che poi tale opera sia destinata a «valere», sia destinata a «restare», è un altro discorso. Le opere nei nostri giorni, in prevalenza, sono
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, tutto sommato, in confronto all’enorme sviluppo che questo genere di studi ha assunto nei riguardi dell’opera letteraria, cinematografica, e persino
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rientra nei consueti schemi che abbiamo tracciato e che sembra ancorato ad una figuratività ad un tempo truculenta e metaforica. Eppure la sua violenza
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Uno degli aspetti più tipici dei nostri giorni è la rapida diffusione delle correnti di pensiero nei diversi settori, da quelli scientifici a quelli
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come l’informale, la pop, e la op, nei paesi più diversi e tra di loro discosti quasi per una sorta di germinazione spontanea che ebbe la sua
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Ecco, dunque, nei maggiori centri culturali italiani farsi avanti alcuni nomi che citerò senza un ordine preciso (perché difficilmente si possono
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nuovo rigore compositivo; anche nei recenti esperimenti plastici, questi pure istoriati da lettere, segni, e parole e quindi portatori d’un messaggio
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figurati -, a fondere i due momenti d’un simbolismo privato e spesso criptico, e d’una semanticità esplicita e chiaramente «leggibile». Tanto nei suoi
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La prova di quanto affermo sembra evidente a chi osservi quello che si è venuto verificando negli ultimi dieci, vent’anni nei nostri paesi dell
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collezionista non conta. In realtà, il fatto conta parecchio: non si dimentichi che nei tempi passati l’artista creava per il committente ma sulla base d’un
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mercificante e di rifiuto (di junk) di quest’oggetto, quanto il suo valore demistificatorio nei confronti della società dei consumi, poteva
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ricerche (e che è facile trovare qua e là soprattutto nei padiglioni dei paesi meno aggiornati) per accorgersi che l’informale, il materico, sono
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consideri in opere come quelle d’un Albers, Itten, Herbin, e in genere in quelle di molti «mistici del colore» moderni, nei quali, ad ogni singolo
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di fronte nei vari settori espressivi. Per questo non era opportuno rinunciare alla presenza di alcune almeno tra le più singolari espressioni
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È a questo punto forse che il termine e il concetto di «hypoicon», coniato da Peirce nei suoi scritti più tardi (e ripreso anche da Damisch
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, Merz, Fabro, Anselmo, Piacentino, Pistoletto - mirava non solo a presentare (nei mirabili ambienti del Vecchio Arsenale) le opere di questi artisti
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solo nei dipinti americani e nello stesso Cityscape statunitense), per violenza. Mi resi conto, allora, di quanto fossero false le riproduzioni
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coincidere una data espressione pittorica con un preciso referente che sia concettualizzabile è assai arduo anche nei casi di forme decisamente mimetiche
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Grignani e Alviani, negli argentini Demarco Le Parc, Vardanega, nel venezolano Soto, nei parigini Morellet, ecc., i loro continuatori.
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Gli undici artisti scelti per la mostra di Dortmund, invece, mi sembrano tutti esattamente delineati nei loro intenti e hanno tutti dietro di sé una
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modulazione spaziale, sono affrontati anche dei problemi di interrelazione con le altre arti. Nei suoi «sistemi disequilibranti» e nei suoi «caschi
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plastici - quanto nei suoi ambienti dove il confluire di elementi figurativi (spesso ispirati ad una realtà naturalistica, ma del tutto demistificati
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critici più giovani avevano constatato come, anche nelle opere pop (in quelle di Rauschenberg o di Jasper Johns, e, per limitarci all’Italia, nei lavori
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trasformati nei «sassi» (di Matera), Stonehenge, pietre magiche, e addirittura montagne intere scalpellate e rese zoomorfe o antropomorfe.
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Non intendo certo fare qui una cronistoria di questi movimenti, ma almeno una suddivisione nei diversi generi, speci e sottospeci, potrà giovare: c’è
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coincidenze numeriche, delle misteriose corrispondenze scientifiche; ed è quanto è accaduto nel caso della proporzionalità aurea nei templi greci come
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sempre nuove forme espressive, non ancora codificate e che, ciò non di meno, devono e possono essere accolte, comprese e valutate, se si fa uso, nei
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premonitori d’un prossimo ritorno a una diversa oggettualità. Di quale natura questa sia per essere, lo vedremo - se lo vedremo - nei prossimi anni.
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, ma era un vero e proprio concerto: Concerto per voce e bicchiere. (Non si creda che il titolo sia da intendersi metaforicamente come avveniva nei
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Ci troviamo dunque di fronte a qualcosa che non è un happening (perché è attentamente studiato nei minimi particolari), non è un’esibizione del tipo
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, nei periodi che la storia dell’arte considera, degli evidenti anacronismi fruitivi per cui opere del passato coagiscono con quelle del presente
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stesse, si può trasporre, in certo senso, a quanto accade di solito nei contatti che abbiamo con l’arte moderna, quando ci troviamo a fronteggiare un
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alfabeti si ritrovino ingigantiti in Kline, divenuti macchie e spruzzi in Pollock, illeggiadriti e familiarizzati nei nostri Dangelo, Scanavino
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In Germania del pari abbiamo l’esempio d’un predominio dell’astrattismo drammatico nei dipinti di Thieler, di Cavael, di Wessel, e potremo
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Rothko, entrambi ben lontani dall’aver voluto ricreare un’atmosfera paesaggistica, o quanto meno tonale nei loro dipinti. Ecco perché i due artisti
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constatare come una legge compositiva, una legge nei rapporti di timbri e di accenti, di spazi e di dimensioni, possa ancora valere nel suffragare la bontà d
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’importante opera, assieme a quella del venerando Hoffmann e del raffinatissimo Guston). Nei gesti monumentali di Kline, in quelli più dispersi e
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immessi nei dipinti (dove il concetto di «fatto a macchina» per la prima volta veniva accettato come non estraneo a un’opera d’arte), mi sembrano ancor
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che, nei dipinti tra il ’48 e il ’52, raggiunse accenti di particolare rilievo.
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si dedicò attivamente ai rapporti tra arte concreta e design, Franco Basso, tosto passato nei ranghi della grafica pubblicitaria, e Gianni Bertini
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di Buchheister, ecc. In tutti questi casi, come nei Merzbilder di Schwitters, l’oggetto - o il frammento d’oggetto - costituisce non solo una
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il colore (come nei dipinti di Balla e di Depero, e di quasi tutti gli artisti di questa tendenza) sia attraverso una distorsione dei volumi plastici
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ricerche nei due grandi poli del neodada (pop art americana, novorealismo francese e tedesco, ecc.) e della cosiddetta «arte programmata», d’un’arte cioè
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Tilson, dunque, costruisce degli oggetti nei quali l’elemento manuale conferisce quell’indefinibile connotazione di unicità e di irrepetibilità che
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Nei capitoli di questa raccolta ho cercato di non lasciarmi prendere la mano da mode critiche e tecniche, anche se mi sono valso di alcuni accenni
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