Il divenire della critica
L’elemento tecnologico entra di soppiatto nel panorama estetico dell’umanità odierna. E non potrebbe accadere altrimenti: troppe sollecitazioni d
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E, non a caso, dico «cosiddette opere d’arte» a suggerire, sin d’ora, come spesso tali opere siano solo per mera convenzione da considerare tali
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Anche senza diffondermi ad analizzare le singole opere e i singoli artisti mi preme di constatare la presenza d’un fenomeno analogo, ricorrente, come
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entrambi i settori d’una diversa «funzione» di pittura e scultura. Il che ci spiega la presenza d’un Fahlström (che trae le sue figurazioni dal
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presenza gomito a gomito (anche se gli artisti morti sono presenti non con un’opera sola ma con un gruppo d’opere e all’inizio del «giro») di anziani e
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Questi, in definitiva, alcuni dei motivi e dei momenti più rilevanti di questa importante esposizione, che ha indubbiamente il merito d’aver operato
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Un altro artista che si limitò alla costruzione d’uno spazio stereometrico senza nessuna diversa sagomatura, e - in questo caso - senza nessun
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La sala di Bonalumi, invece, pure monocroma ma d’un colore blu elettrico, s’intitolava Blu abitabile appunto a sottolineare la sua qualità di spazio
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Ebbene è proprio questo Urteil, questa necessità d’un giudizio attorno all’opera d’arte, che è venuto spesso a mancare di recente e che oggi si
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nelle grandi realizzazioni della prima metà del secolo: nelle opere d’un Klee, d’un Mondrian, d’un Duchamp.
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Potremo perciò avanzare l’ipotesi che esista nell’opera pittorica la possibilità quasi d’una «gemmazione», simile a quella che si ha nella
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Un’analoga ricerca d’una precisazione formale, questa volta basata sulla creazione d’un particolare universo metaforico e metamorfotico, si trova
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La prima corrente, che in Italia ebbe una rapida e precoce fortuna con il formarsi dei gruppi d’arte cinetica (Gruppo N, e Gruppo T) e di arte
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metaforica ed emblematica. Le sue ricerche non sono rivolte tanto all’uso d’un determinato materiale quanto al «contenuto mentale» d’un evento e di un
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Quanto ho detto sin qui vuol solo servire ad avanzare un’osservazione più generale riguardo agli aspetti comunicativi e semiotici dell’opera d’arte
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, molto al di là dell’oggetto povero, servendosi, ad esempio, di cavalli esposti in una galleria, d’una donna, nuda e incinta, sul cui ventre passeggiano
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Questo fatto non costituisce ancora la presenza d’un dialogo tra creatore e spettatore, tra emittente e ricevente, come sarebbe auspicabile per il
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offre quindi nessuna possibilità d’una reciprocità d’intervento da parte dello spettatore e resulta immancabilmente e inderogabilmente «imposta dall
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Molti artisti d’avanguardia, del resto, avevano già avvertito il bisogno d’adottare, almeno in parte, questo mezzo espressivo per il loro privato
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perfezionati laboratori astronomici e astrofisici, non deve far specie a chi tenga conto della mutata «funzione» (in senso mukařovskiano)1 tra l’arte d
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, derivante ancora dalle teorie dell’«art pour l’art», sotto l’influsso di estetiche idealiste; 2) un genere d’arte intesa come «rispecchiamento» d’una realtà
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signifié sincronicamente o diacronicamente. Ebbene: il nuovo signifié d’un’opera - d’un signifiant - decretato come «artistico» può essere benissimo un
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Questo spiega forse anche perché proprio nella nostra epoca (l’epoca d’una «borghesia trionfante») si sia così potentemente affermato il fenomeno
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alcune opere concettuali - di land, o earth art, di body art, di arte povera - come degne d’attenzione anche per i loro contenuti conoscitivi: dunque
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Le polemiche divampate qualche decennio or sono tra estetiche idealiste e neopositiviste, le successive svalutazioni d’una critica storicistica e
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Un altro caso, pure questo caratteristico d’una presa di coscienza della pluralità dei codici usabili per un fine unico, è quello di Valentina
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Living e Open Theater, ecc.), era giusto prevedere un riaccendersi d’interesse verso forme artistiche che trovassero nel corpo la loro prima matrice. E
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Un recente fatto di cronaca accaduto in una galleria d’arte napoletana, e la pubblicazione recentissima d’un volume di Lea Vergine1 hanno riproposto
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Piuttosto che d’una contrapposizione o duna identificazione tra storia dell’arte e storia della filosofia, sarebbe opportuno discorrere di
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Oggi possiamo, bensì, applicare il nostro «gusto» di ieri - d’un ieri ancora prossimo e fresco -, a certe opere di quel tempo; ma non possiamo più
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Si consideri inoltre il tanto discusso problema dello stile. È noto che il cosiddetto «stile d’un’epoca» (e anche, sotto certi aspetti, lo «stile d
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Per quanto riguarda la possibilità d’un giudizio assiologico rivolto ad un’opera d’arte del passato, se è vero che l’opera, per essere giudicata
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In questo modo potremo anche ammettere il caso d’una storia filosofica che, per colmare alcune sue lacune, si rivolga agli unici documenti
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Ma quella d’oggi è una posizione un po’ diversa e più sottilmente pericolosa. Quando, ad esempio, un artista intelligente come Bernard Venet
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necessità di non tradire quello che era il mezzo espressivo «specifico» d’ogni arte. Io stesso ebbi a sollevare spesso l’accusa di «tradimento del
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È ovvio perciò che spesso anche le cose dell’arte, come le altre merci, non vengano più intese nella loro accezione di valori d’uso (e come tali
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’opera d’arte non deve soltanto servire da pretesto a delle esperienze visive, ma ha anche una funzione conoscitiva». Vedremo in seguito come il
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Si tratta d’un fenomeno che non è fatto per allarmarci: già da alcuni anni ho accennato all’importanza di esperimenti come quelli di un Dubuffet, d
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Uno dei primi aspetti che ci colpisce in questa Biennale è la presenza d’una interessante ripresa di «figuralità». Intendendo con questo termine il
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Ma la «figuralità» su cui mi preme oggi d’indagare è di tutt’altro genere: è quella - come dissi - d’un Dubuffet (che a Venezia purtroppo non compare
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È abbastanza sintomatico che la figura del critico d’arte si sia affermata in età postbarocca, mentre prima d’allora s’identificava il più delle
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È raro pertanto trovare critici musicali interessati alle opere d’un Paik, d’un Chiari, d’un Hidalgo; critici d’arte interessati alle scene quasi
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Come ho anticipato più sopra: ci sono soprattutto due importanti «categorie esegetiche» — che furono i veri pilastri della critica d’ieri - e che
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Gli ultimi due anni hanno visto divampare ovunque tale conflitto e seppur due anni non sono molti per sancire l’instaurarsi d’un «nuovo stile» (e
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L’altro grande piedistallo d’ogni attività critica era la conoscenza tecnica, la dotta cognizione di tutte quelle norme specifiche che sono a base d
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parte di essi era andata smarrita o distrutta. Il rischio - l’ho già rammentato più sopra - è quello d’una possibile feticizzazione dell’oggetto stesso
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. L’oggetto «vale» (o non vale) per le sue caratteristiche formali e per la sua efficacia simbolica (d’una situazione, d’un costume, d’un consumo di
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Eppure, a prescindere dalle più sottili distinzioni di scuola e di stile, già sin d’ora viene delineandosi un aspetto che non a caso ho voluto
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Molto, troppo spesso, si tratta d’un’adozione forzata, sovrimposta, che utilizza solo estrinsecamente le locuzioni delle odierne analisi semiologiche
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Ma una buona critica non è certo basata sull’uso d’un gergo piuttosto che d’un altro. Non nutro questo genere d’illusioni. Credo anzi che uno dei
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