Il divenire della critica
Una delle tante battaglie che si cercò di promuovere, a principiare dagli anni dell’immediato dopoguerra, su su fino agli anni sessanta, fu quella
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risultarono agli occhi della critica più aggiornata come dei ritardatari, e addirittura dei reazionari. Anche il tentativo compiuto in un secondo tempo (con
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agli anni cinquanta; e d’altro canto per riaffermare che - nonostante i motivi commerciali dominanti in quelle opere - la qualità creativa e
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che si sarebbero rese autonome attorno agli anni sessanta. Tuttavia già nel periodo che seguì la creazione dell’ambiente spaziale alla Galleria del
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Sempre nel periodo attorno agli anni cinquanta (e precisamente dal 1948 al 1958) dobbiamo ancora notare la presenza nell’area lombarda d’un altro
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». Si tratta di massicce sculture che l’artista creò attorno agli anni sessanta (più precisamente nel 1959) composte di grossi grumi di creta, appena
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differenziando dalle posizioni iniziali e hanno seguito vie diverse e magari contrastanti; ma non c’è dubbio che attorno agli anni sessanta essi seguivano - per
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agli insegnamenti di Fontana e come più vicini al suo modo di operare, ed è per questo che ho voluto dedicare loro almeno queste poche annotazioni. Tutti
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per sé possa costituire un elemento d’un certo interesse, mostrando come l’attenzione rivolta al rapporto soggetto-oggetto, l’attenzione rivolta agli
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dalle finestre della palazzina sghemba che il folle principe Orsini si fece costruire assieme agli altri mostri del suo parco; o meglio - visto che
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, delle lamiere smaltate a spruzzo, delle materie plastiche traslucide; colore dunque del tutto timbrico, incorporato al medium e totalmente agli antipodi
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Ma esistono altri «parametri» nella scultura d’oggi oltre a quelli dei materiali nuovi (che, oltretutto, non sempre giovano agli artisti, come ad
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che sono a nostra disposizione in seguito agli sviluppi tecnologici verificatisi in tutti i campi. Da qui l’uso molto diffuso di materiali plastici
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preesistenti né con quelle adiacenti, ma costituissero ognuna delle unità a sé stanti e indipendenti, parve opportuno agli ordinatori di rivolgere la
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proiettate si accompagna a suoni elettronicamente generati in seguito agli impulsi aleatori di cellule fotoelettriche, e la percorribilità da parte dello
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rinfacciavano agli autori delle strutture primarie. A dimostrare che, purtroppo, non appena un’opera diventa richiesta e ambita da parte del mercato, finisce
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raggiunto il suo scopo e ne va dato atto agli organizzatori: Graziella Lonardi e Achille Bonito Oliva (che è stato il «coordinatore culturale» della
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ai supermarket, dai drug-stores agli oggetti di consumo, alle carrozzerie delle automobili) di diventare accettabili e magari esteticamente efficaci
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artisti come i già citati Blake e Spoerri, Arman e Raysse, ai nostri Baj e Del Pezzo, agli inglesi Hamilton e Tilson, - per non fare che alcuni nomi, - un
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; nonché la presenza in Europa di alcuni casi isolati e del tutto autoctoni (Fontana, Klein, Manzoni, Wols, Pascali) che non devono nulla agli Usa e
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minacciosa e di vitalità formale: quasi un nuovo feticcio che si contrapponga alle fragili costruzioni dell’arte contemporanea e preluda agli apporti d’un
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Quanto ho detto sin qui vuol solo servire ad avanzare un’osservazione più generale riguardo agli aspetti comunicativi e semiotici dell’opera d’arte
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sottrarsi agli abbagli della società consumistica (Pistoletto, Castellani); e insieme una coscienza dell’importanza dei nuovi materiali (La Pietra
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agli anni cinquanta, a una figura solitaria e, a quel tempo incompresa, come Piero Manzoni, che - in parte seguendo le orme di Lucio Fontana - aveva
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) una nuova dimensione «ecologica» della creatività; 2) la possibilità di giustificarla agli occhi del pubblico e del mercato.
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Farò subito un esempio di quanto intendevo affermare: quando, attorno agli anni cinquanta, apparvero le prime opere di pop art nessuno, prima d
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un discorso coerente e convincente attorno agli stessi. Mentre d’altro canto, è proprio attraverso l’applicazione d’una chiave semiotica, che spesso si
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Sono pronto ad ammettere una proprietà «riduttiva» alla nostra epoca, o quanto meno agli ultimi decenni della stessa, e a riconoscere alcuni dei
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epoca culturale; e può darsi che si tratti d’una crisi salutare se varrà a contrapporsi agli eccessi d’un conformismo borghese incalzante com’era
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agli intervalli musicali). Che il corpo sia il primo strumento per agire esteticamente, per comunicare col prossimo, ancora prima che attraverso la
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«ornamento» agli spettatori-attori, più o meno memori di consimili riti neri alla Buchenwald.
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molto filo da torcere agli antropologhi, a principiare da Franz Boas, e in seguito a Leonhard Adam, Lévi-Strauss, e molti altri1. Non è il caso che io
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’altro applicando certi canoni derivati dal gusto di allora agli oggetti e ai prodotti di ieri).
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Infatti, se è vero che la storia - priva come è duna creatività autonoma - deve restar legata agli eventi che riferisce e controlla, l’arte, anche
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In questo modo potremo anche ammettere il caso d’una storia filosofica che, per colmare alcune sue lacune, si rivolga agli unici documenti
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Oggi che abbiamo dinnanzi agli occhi l’ultima sua produzione e possiamo confrontarla con quella degli anni passati, ci sembra di poter concludere con
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Rothko è dunque agli antipodi di Tobey (e l’affiancarli nel padiglione americano è stata un’ottima idea del commissario Porter McCray), è agli
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giudizi critici, su effimeri dati storici, dobbiamo per forza far ricorso ad una sistemazione più vasta dei valori che ci si presentano dinnanzi agli
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Ecco, dunque, perché crediamo che proprio questo movimento, pur nella limitatezza dei suoi mezzi e dei suoi fini, dovesse costituire (assieme agli
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che - sino agli ultimi anni della sua produzione - la rendono inconfondibile e personalissima.
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collages dadaisti di Max Ernst creati attorno al ’19, sino agli ultimi complessi «conglomerati» di Rauschenberg, alle figure-sughero di Crippa, ai
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È infatti sempre più facile constatare, negli ultimi tempi, un netto assenteismo critico in molte circostanze creative che si riferiscono agli
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cui i futuristi furono gli assertori. Non si può non riconoscere agli artisti futuristi - in particolar modo a Balla, Boccioni, Depero - il merito di
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Agli effetti cromatici, invece, si è dedicata Grazia Varisco che ha messo a punto delle immagini cinetiche programmate, ottenute per interferenza e
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proverebbero di qui a cent’anni i nostri posteri dinnanzi agli odierni gadgets - anche non «readymadizzati» -. Il che vuol solo ribadire l’importanza di tener
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La grande cesura, estetica e critica - e poietica ovviamente - avvenne un po’ dopo, attorno agli anni sessanta, quando si assistette alla prima
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come Wesenheit, e non come materiale decorativo e sottoposto agli arbitri del caso. Questa coscienziosa presa di posizione dell’artista rispetto al
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candelabro e la sua bicicletta ai combine paintings di Rauschenberg o agli oggetti inventati di Oldenburg. Innanzitutto in Rauschenberg, come in Jasper
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neodadaista, fino agli estremi sussulti dell’arte concettuale, della body art, dell’earth art, della narrative art...
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fenomenologici, semiologici, già attorno agli anni sessanta; come m’ero valso di alcuni schemi psicologici attorno agli anni cinquanta, quando ancora
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