Il Marchese di Roccaverdina
marchese di Roccaverdina era potuto diventare assassino. E spogliandosi per andare a letto, esaminava freddamente il suo stato d'animo di quei giorni
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rieletti, o almeno far entrare nel Consiglio, invece di qualcuno di loro, il marchese che sarebbe poi stato il personaggio più importante tra quei
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mai quei ricordi gli scattassero dalle oscure profondità del cervello limpidi, precisi, senza che nessun apparente richiamo avesse potuto sollecitarli
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sprofondarglisi sotto i piedi. In quelle ore, in quei giorni, ogni sua sicurezza di coscienza svaniva, quasi si fosse potuto trovare daccapo col
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a quegli strettoi, a quei pigiatoi, a quelle macchine, ancora non adoprate e che in quel punto gli pareva non sarebbero mai arrivate ad essere
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. Ora gli sembrava che quei libri affermassero troppo sbrigativamente, che gli sgusciassero di mano quando egli avrebbe voluto meglio stringerli in pugno
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proprio una sorpresa il vedere la strana compiacenza del marchese che, sceso dalla carrozza assieme con don Aquilante, circondato da quei signori e
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della miseria; consolata unicamente dal ricordo di quei lontani giorni, di quei mesi, di quei due anni in cui tanti piccoli fatti, tanti lievi indizi
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diversa da quella che egli desiderava? Intanto bisognava pensare a ripulire la casa, a farvi grandi mutamenti. Mai, come in quei giorni, essa non gli era
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viso pallido, con quei capelli castagni pettinati all'antica, semplicemente, con quel fazzoletto di seta scuro che glielo contornava, e col vestito
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evitava più che poteva di attaccar discorso con quei signori; non voleva mescolarsi affatto nei loro torbidi intrighi di partiti municipali. Gli bastava
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in un brillante! Filati interminabili! La vasta pianura, laggiù, doveva diventare, in poco tempo, un unico meraviglioso vigneto! E le colline con quei
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urlassero con più forza dietro la porta, dietro le finestre e il balconcino. Per ciò don Silvio rimaneva un po' incerto se quei colpi che gli era
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accanto. Chi era passato di là in quei giorni vi avea buttato un sasso, recitando un requiem , perché tutti si rammentassero del cristiano colà ammazzato
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non usciva dall'albergo un istante, per farle la guardia, e anche per riempirsene gli occhi l'ultima volta. Non li avrebbe più riveduti quei
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con cui si vedeva trattata, e che la sua vivace fantasia contribuiva a ingrandire e a renderle penosissimi. Durante quei tre ultimi mesi, la povera
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rinfocolamento di passione da confinare con la pazzia. No, non avrebbe permesso che il marchese mangiasse di quei cacicavallo, e lei non li avrebbe neppure
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bella, meglio della marchesa, con quel viso affilato, bianco come il latte e quegli occhi neri e quei folti capelli nerissimi, alta e snella. E
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fantasmi creati dalla loro fantasia e poi stimati realtà. Quei libri avevano ragione. Ciò non ostante, le impressioni della giornata agivano ancora
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con qualche cosa nel cuore che somigliava a un rimorso. Quei torbidi sguardi del marchese le erano penetrati nelle carni come lama ghiaccia, l'avevano
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! ... Ah! Don Silvio ... » Che significavano quei ragionamenti? La marchesa non capiva a quali circostanze accennassero; essi intanto le facevano
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! Cinque!». Dappertutto; in Casino, nelle farmacie, nelle botteghe, in ogni casa, davanti le porte. «Sei! Sette!» Come se quei rintocchi cupi e lenti
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voscenza : Impiccatevi?», rispose il massaio. «Quasi io gli avessi rubato quei quattro sassi maledetti! È venuto da me coi suoi piedi. Si è preso
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quei cuori, tremanti per la dubbiosa aspettativa, palpitarono di gioia vedendole venire avanti, non più una dietro all'altra, ma insieme
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gl'incuteva una specie di paura da che si era dato agli esperimenti spiritici. Un giorno o l'altro, quei diabolici esperimenti, povero avvocato, lo
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una larva anche lui; e intanto saliva e scendeva scale, correva da un quartiere all'altro, con quei suoi brevi passi da perniciotto, rasentando il muro
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tutt'altro pel capo, in quei giorni, che il terreno di compare Santi! «Il vecchio venne da me: "Signor avvocato, finiamola!". Io alla prima non avevo