Il Marchese di Roccaverdina
ogni lato, con terreni riarsi dal sole e screpolati, con aride piante di spino irte sui margini dello stradone ... E si era alla fine di ottobre! Qua e
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dietro la schiena, sembrava assorto nel contemplare lo spettacolo dei fitti lampi che si accendevano nell'oscurità della serata, seguiti dal quasi non
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Uscendo dal vicoletto, dov'era rintanata la casa del cavalier Pergola, il marchese di Roccaverdina aveva incontrato don Aquilante con un fascio di
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Don Aquilante, venuto per parlargli delle minacciate procedure del Banco di Sicilia, si era sentito interrompere dal marchese con l'inattesa domanda
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, silenziosamente, e invadere il cielo azzurro e oscurarlo, abbassandosi verso terra quasi appesantite dal carico che portavano in seno. E, dietro i colli di Barrese
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Don Silvio La Ciura si era alzato più volte dal tavolino dove teneva aperto davanti a sé uno dei quattro tomi del breviario. Quella sera sembrava che
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qualcuno dei nipoti di lui; e riavutosi dal malessere prodottogli dal repugnante spettacolo, era sceso giù nella stanza terrena dove i garzoni, il
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padrone dal ripostiglio a pian terreno, non poté trattenersi dall'esclamare sotto voce: «Povere bestie!». Il marchese saltò giù dalla carrozza, fosco
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Orfanelle, era venuta dal nipote per portargli senza indugio la risposta della signorina Mugnos, e anche per vedere i mutamenti da lui fatti nel vecchio
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che non si staccavano dal viso sfigurato del suo benefattore; non lo chiamava altrimenti. Aveva pregato di restare là l'intera nottata. E lo aveva
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tralcio verde e pampinoso, spuntato dal terreno dietro la botte, era montato su fino al cocchiume e vi si era immerso. Fece scavare là sotto e rinvenne il
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Roccaverdina, da fare prima una promessa e poi rimangiarsela?» «E vi guastate il sangue per loro?» «Ah, cugino! Sentirsi dire dal prevosto: "Vi dava noia
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della miseria; consolata unicamente dal ricordo di quei lontani giorni, di quei mesi, di quei due anni in cui tanti piccoli fatti, tanti lievi indizi
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svago del marchese era la passeggiata, lassù, su la spianata del Castello, tra le rovine dei bastioni e delle torti abbattute dal terremoto del 1693
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alla rinnovazione dell'armento più che decimato dal tifo bovino, al dissodamento dei terreni, ad acquistare il grano della sementa per rifarsi dei danni
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nostra.» «Dammi retta. Suol dirsi: matrimoni e vescovati dal cielo son destinati. E questo di cui intendo parlarti è certamente tra i destinati, se non
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incontro nell'anticamera. «Stia tranquilla, voscenza . È accaduto ... » «Il marchese sta male?» «No, eccellenza. Devo andare dal pretore e dai
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tante persone, nessuno gli dava retta. La signora Mugnos e Cristina, aiutate dal cavalier Pergola, portavano in camera la marchesa che sembrava un
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farmi cascare fredda prima di uscire dal portone!» E fece atto di avviarsi. Il marchese si era voltato. Ella credette che stesse per risponderle
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Ciura, tenuto per santo dal popolino - gli attribuivano anche parecchi miracoli - avesse dovuto giudicare meglio di tutti le circostanze per le quali un
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non avevano voluto essere della Giunta per levare le castagne dal fuoco con la zampa altrui, egli non osava di muovere un dito senza aver preso prima
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dal rude lavoro dei campi. Intravedendo, con la coda dell'occhio, qualche cosa di nero fermatosi silenziosamente in mezzo all'uscio, il marchese rizzò
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chiuse gli occhi. «Vi dà fastidio il lume?» «Un poco.» Il marchese tolse il lume dal posto dove la serva lo aveva posato, lo collocò su un tavolinetto
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Dal canto suo, nelle prime settimane dopo il matrimonio, il marchese aveva avuto la dolcissima sensazione di un compiuto rinnovellamento della sua
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Erano anni che il marchese e suo zio il cavaliere don Tindaro non si guardavano in faccia. Dal giorno che il marchese non aveva voluto permettergli
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sorprendersi a pensare così. Certe sere, durante la cena, dal balcone aperto, gli arrivava all'orecchio il confuso rumore delle voci che andavano
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libri prestatigli dal cugino, e credeva di chiudergli la bocca. «Fatti, sissignore!», riprese don Aquilante. «Accertati, sissignore! Solamente, poiché
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venduto questo idoletto: "Sciocco! Ti sei lasciato cavar di mano una fortuna. Quel cosettino valeva più di mille onze ... ". E che costui dal
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poteva servire ad altro che a far scavezzare l'osso del collo alla gente. Inutile anche, perché dal lato opposto si entrava a pian terreno, e soltanto
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in casa dal palazzotto della baronessa lasciato in eredità alla nepote maritata col cavalier Pergola, a cui premeva di uscir presto dal vicoletto dove
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vibrante fin dal centro della piazza. «E così il povero avvocato della difesa si è vista chiusa la bocca prima di parlare ... Oh, non già che non abbia
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quel che si diceva), quando udì raccontare dal notaio Mazza che don Silvio aveva detto a sua sorella: «Abbi pazienza, fino a venerdì a ventun'ora!», i