IL VENTRE DI NAPOLI (VENTI ANNI FA - ADESSO - L'ANIMA DI NAPOLI)
oscuro, il più ignoto deve aver lavoro, salute, protezione, educazione, e tutti i cittadini e, io, Napoli, debbo prendere il mio posto bello, nobile, forte
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chi scrive, ogni cura, d'arte, dicano quanto dovette soffrire profondamente, allora, il mio cuore di napoletana. La seconda parte, è scritta venti anni
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, e si lamentava, sottovoce: "figlio mio, figlio mio, io t'aveva da accidere, io t'aveva da fa murì! O che mamma cana che ssò stata! Figlio mio, e chi
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, dell'onore? Si batte, moneta, forse con l'onore? Di quale onore, tu parli? Del mio? Del tuo? Il mio è diverso dal tuo! L'onore? Una parola: un soffio
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tutore del Comune, per grazia di Dio e neppure tu, amico lettore, per tua fortuna: ma qualche soldo, di questi milioni, è tuo ed è mio. Interessiamoci a
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pezzi di via, di otto o dieci metri, con il loro bravo nome, di un qualche nostro illustre cittadino - e anche di voi, o Francesco Serao, o avo mio! - e
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. Una! Più tardi, io sparvi dalla scuola, perchè avevo finito di fare la tirocinante: la piccola Buonfantino, indimenticabile al mio cuore tenerissimo, ne
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grembiule e va gridando: Chesta è robba mia! T'aie arrobbato lu sango mio! Come l'altra, ella finisce per incassare quattro o cinque volte il capitale
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trasalire l'anima mia, che esalta, in un sogno di bellezza e di bontà la mia fantasia e che dà al mio cuore, che non sa obliare, con un nuovo fiotto
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I miei occhi hanno visto l'imponente e toccante spettacolo; e il fremito che danno le cose grandi e sincere, ha sconvolto il mio spirito. Un popolo
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antifona: san Pantaleone mio - per la vostra castità - per la mia verginità - datemi i numeri, per carità! Alla nona sera si ode un passo, è il santo che
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delusione, nel mio cuore di napoletana, per non soffrire delle sconosciute sofferenze altrui, da niuno consolate, poichè quella gente vive e muore