IL MAESTRO DI SETTICLAVIO
l'ultimo della mia vita, cacciando nelle valli; quando, dopo avere mal dormito qualche ora in un casolare, alle tre della notte mi alzavo, camminavo fino
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canzone nuova, una marinaresca a tre voci, che doveva far epoca, gli era stata consegnata allora, appena quarantott'ore prima di doverla eseguire. Il
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doveva restituire tre volte tanto: intorno a 1600 o 2200 svanziche al più. Visti i tempi inclinati alle dispen- diose cerimonie ecclesiastiche, tenuto
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vicino a tre spanne, mi sembrava di- stante come un faro nel mare. Si traversò una parte del Gran Ca- nale, poi s'entrò in certi rivi stretti, dove a
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l'impresario spagnuolo, il quale fra due brevi fermate a Venezia aveva girato mezza Europa per comporre tre o quattro compagnie di canto e di ballo da
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picchiando tre volte col bastoncino in terra: "Qui stava il Santo, immobile, maestoso. Guardava in alto. Qual- che volta faceva un gesto con la mano, e
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o tre settimane potrà cantare. Io in- tanto sono spacciato. Senza la Carlottina vanno in fumo quattro pezzi sopra otto, i più belli; e poi Mirate, che
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leggere tu in due? E non ci sono degli strumen- ti, che obbligano a leggere in tre? La voce umana è sì o no il più nobile degli strumenti?". "È il più
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, dava al vino una dolcezza inebbriante. Il ven- tre si confortava, e gli occhi s'incantavano; e questi e quello mi riempivano l'anima di una felicità
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, ora a rapidi rintocchi, ed ora con una certa ingenua pretensione d'imitare qualche arietta po- polare, senza colpa del campanaro se tre note su sette
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rivolse. Il pover'uomo era già stato tre volte alla casa del maestro Chisiola; ma questi, un po' indisposto dopo la sera del concerto, non voleva
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ribrez- zo. Udiva suonare le due, le tre, le quattro; aspettava il crepuscolo quasi senza pensare, dominata dall'unico sentimento d'una speran- za