IL MAESTRO DI SETTICLAVIO
nella gran fossa del monte. La via bellissima è sparsa di panporcini e di croci. O quante volte son passato su quella strada cantando, con il mio
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Ho trovato, nipote mio, quel che ti devo lasciare. È una cosa che mi salvò quasi la vita. Prima che tu nascessi, i medici di Brescia e di Milano mi
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Antonio, che sono vivi, mi scrutano dentro nelle vi- scere, mi strappano fuori un non so che dall'anima. È uno scavo nella coscienza. Forse il mio Demonio
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Nipote mio, ho compiuto quest'oggi i miei novant'anni, e ho fatto il mio testamento. Lascio quasi tutti i miei soldi, circa un centinaio di mila lire
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una entrata; la lavandaia mi serve gratis; il sarto confida nella mia prossima glo- ria, come confidi tu, mio protettore generoso". Parlava a
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denaro già sfu- mato". "E il pianoforte?". "Non è mio, lo sai bene. Lo ho a nolo mensualmente". "Sì, ma se tu trovassi da venderlo, non potresti
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tastiera?". "Maestro, mi corbella? Con queste mani da granchio! Ma sapevo troppo bene ch'ella non avrebbe approvato il mio impegno, anzi avrebbe tentato
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punte dei miei piedi; ma di contro al mio viso si apriva la grandezza dei cieli. Guardavo le nubi in faccia. Come nelle carrozze della ferrovia accade
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su questa terra!". Fece uno sforzo sopra di sé per mutare discorso: "Parliamo di te, amico mio. Come vanno le tue faccende?". "Bene, maestro" rispose