IL FIASCO DEL MAESTRO Chieco (Racconti musicali)
d'accompagnarmi dal mio amico. Partii subito e arrivai nel pomeriggio del quattro luglio sotto un sole cocente, al ponte delle Sarche. Pochi minuti prima avevo
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Ricordi; il fascicolo decimoquarto, mi pare. I tre si ritirarono subito, in disordine, per acclamarla e accendere la candele del piano. L'uno d'essi, però
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del 1846, quando vi era stato invitato dai nobili padroni a mangiare i tordi e fra questi gli si erano imbanditi degli stornelli. Dal viale di
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così, reciso dalla piccola spina un legame che pareva eterno, io non avevo più sposata donna Antonietta, la giovane vedova del tenente colonnello
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aveva dato vita e passione. Adesso bianca voleva persuadersi d'essere stata amata così; sentiva più pura, in questo concetto, la memoria del poeta, e
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chiasso d'inferno, il terzo musicista tirava razzi dal nero culmine del castello, sul monte Cavedine sorgeva un fantasma velato di luna. Io m'imbarcai
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"Soffio, signor Fogazzaro" disse, quella sera indimenticabile del 1o agosto 1884, il generale Trèzel pigliandomi una delle mie povere pedine. "Stia
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di un letto colossale, il mefistofelico viso del mio povero amico Chieco. Me gli accostai in punta di piedi. Aveva gli occhi chiusi ma la fisonomia
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delle onde, del vento, dei tuoni, delle urla non mi è sembrata mai, con licenza dell'amico, straordinariamente felice in quella sinfonia; l'ultima
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Purgher finì col farmi acquistare, era la sua frase, un eccellente bicchier di Isera, dopo di che mi accinsi a rabberciar le strofette melliflue del