IL FIASCO DEL MAESTRO Chieco (Racconti musicali)
, non obliarmi poi quando ci desteremo nel freddo paese, nei giorni tristi, quando scura, muta sarà la fiamma che divora il mio petto, ma fervente, ma
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Si ardeva, l'altra sera, nel salottino giallo di donna Valentina. Il calorifero ci soffiava fuoco nelle gambe. La bella dama vi brillava tra un
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quanto stupido sei tu. Perché lei ti vorrà bene, capisci, e tu ne vorrai a lei, e io che se ci penso ti strozzerei come l'ultimo dei piccioni, te la do
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suo modo infernale, per cui le donne scapparono da capo, non ci seccarono più. Egli, suonando, mi guardava sempre. I visacci che faceva non si
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e non ci pensai più. Otto giorni dopo ricevetti un'altra lettera con il timbro di Vezzano, dove una tale Purgher scriveva che il signor maestro Chieco
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suo angolo e suonavano in quel punto le otto. "Aspetterà il concerto" disse la signora Prina. Ci avevano annunciato per quella sera il concerto di un
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creperai senza farlo. E ci sono e scrivo. Tu sai, caro Cesare, che gli amici musicanti di Milano, mi sputarono su questo soggetto per la gola che
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volersi raffinare ci si scavezza. Credeva la signorina di essere nata per sposare un principe, un Creso, un chi cosa diavolo mai? Erano questi gli esempi
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, altrimenti ci prendono!". Infatti si gridava dietro a loro: "Chieco! Chieco! anche noi! Dove siete, Chieco?". Entrai nel canotto, sedetti sul banco
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la barba Bianca, l'abito nero, il fiore all'occhiello; lui insomma, Ermes Torranza. Sentiva di dover leggere subito, non ci vedeva, non sapeva che si