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I sogni dell'anarchico

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Mioni, Ugo 24 occorrenze

I sogni dell'anarchico

i venti ed i trent'anni, vestito, con affettata noncuranza, a nero, con una gigantesca cravatta nera, annodata al collo; il suo volto era sbarbato

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solo. Nessuno la pensava come lui; nessuno aveva il suo coraggio. I più ubbidivano supini. Erano nati per servire, e loro era indifferente a chi

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straordinariamente pallido, ed il suo pallore armonizza col candore dei mustacchi e del pizzo. Quel vecchio ha una faccia così dolce; un volto così

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giunte al suo orecchio, dei furti da loro commessi, delle loro rapine. Distrutto a Venezia il Pucintoro; distrutte numerosa merci, saccheggiato il

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cosi presto, ed era adiratissimo, che era scoppiata a sua insaputa, senza il suo ordine. In ogni partito deve regnare lardine, e quanto maggiore

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. Il medico vuole la calma. Il suo stato è gravissimo; ma ne uscirà, purché non si agiti ? disse la voce. ??? Non vedo. - Le abbiamo bendati gli occhi. E

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: ? Dove sono? Attorno a lui tenebre fitte; comprese però di trovarsi sii! suo letto buono, nella sua stanza. ? Un sogno! ? mormorò. ? Ho sognato. Godette

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uomo il quale cavalca stanco, sfinito, sul suo destriere, stanco, sfinito esso pure. Il cavaliere non ne può più. E' un magnifico esemplare della razza

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Rimane a lungo, molto a lungo privo di sensi. Il cavallo si è coricato al suo fianco, ed ansa; ha la bocca aperta; la lingua ne esce penzoloni

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fratello! Pazienza! ? Mai! Sono principe! La pazienza è la virtù dello schiavo. - Di un animo nobile. Egli abbandonò, per nostro amore, il suo trono, e

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Non degnò di nessuno sguardo ammirato la dominatrice dell'orbe. Non era sensibile alle sue magnificenze. Anima di scorridore del deserto, il suo

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Egli si destò, sul suo letto di porpora, e apri gli occhi. Un sudore freddo, gelido, gl'imperlava la fronte. Girò gli occhi e guardò smarrito attorno

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Si destò quando lo volle Giove suo padre. Accorsero servi ad indossargli la tonaca di porpora, a gettargli sulle spalle il manto imperiate, a

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bel Vesuvio, il più bello tra i monti, il più delizioso; ecco Partenope, che esce luminosa dall'onda, e che egli vuole deliziare del suo canto, la

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Egli infuria nelle sale del suo palazzo. Nessuno osa avvicinarlo, tanto è adirato. La folla infuria essa pure. La delusione è stata troppo grande

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Egli era in preda ad un'angoscia infinita. Le notizie, giunte qualche minuto fa al suo orecchio, erano state cosi truci. Le aveva avute da un uomo

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vi avrebbe portato l'allegria del suo sorriso, la robustezza del suo braccio, le proprie energie, qualche po' di terra, ed una pentola ricolma di

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Sono venuti. Tutto arde; le fiamme si alzano altissime e divorano il frutto del suo lavoro, dei suoi sudori; le sue messi, le sue biade, i suoi

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umile pittore aveva dipinto nella chiesetta, ormai distrutta, del suo villaggio. Quel giovane sembra un santo; sembra Pancrazio od Oreste; o è forse

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, scuotendo il pugno chiuso verso il ciclo, mentre ili suo sguardo contempla le rovine che si presentano al suo sguardo; rovine dolorosa, terribili e

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sente che la religione è la scintilla che accende i cuori di amore all'Italia. Alessandro, Alessandro! Tutti inneggiano al Papa. E' nel suo nome che

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maggiore era il suo disprezzo, se essi non sapevano sacrificare certe cose da nulla. La vigilia del Natale. La osservavano molti, molti, anche

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s'mmesso al suo cospetto. Ecco l'Apostolico. Un vecchio piccolo, scarno, sciupato da infinite fatiche, di indicibili dolori, con un dolce sorriso paterno

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lentamente fiori di papavero sul suo capo. Sbadiglia; le idee gli si confondono; dimentica il luogo dove si trova; dimentica che è la notte di Natale

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