I sogni dell'anarchico
seguirsi, e la voleva imporre a tutti. L'altro invece balzava col suo dire di palo in frasca; si agitava per ogni inezia; s'infervorava, diventava
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un grande, immenso fremito di rabbia, e malediva a, colui, che aveva ordinato la fabbrica e a coloro che eseguivano il lavoro. - Vili! Per qualche
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disimpegna i lavori di casa. E' troppo gracile per lavorare. - Non diventerà una contadina a modo - dicono di spesso i genitori, crollando il capo. - Non lo
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Una via polverosa. Egli procede a piedi, stanco, sfinito. Va alla città vicina per chiedere giustizia. La otterrà? Ne è quasi sfiduciato. Eppure la
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; vede cadaveri, vede feriti, che si torcono tra gli spasimi più atroci, e sente una grande gioia per lo scoppio di una bomba, per quella rovina, perché
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' meglio. Sono ammalati. Un brivido gli scorse per le vene. - Sono cieco? - domanda. - Speriamo... - dice la voce con esitanza'. ? Sono dunque cieco
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; certo da uomo che non aveva recato vantaggio ma grave danno all'umanità. Meglio. molto meglio essere ancora in vita. Volle allargare il braccio per
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essere padrone delle grandi vie, che conducono al suo interno, per poter taglieggiare a piacimento le carovane ed imporre loro le tasse che voleva; per
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suo passato, il presente, i timori per l'avvenire, tutto, tutto gli diceva: Schiavo mai! Preferisci la morte; mille volte la morte! Stava già per
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schiavo lo avvicinò; un povero vecchio, ricurvo sotto il peso degli anni. Veniva mandato a Roma per morire nel circo, perché egli, un rettore ben noto
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spirito era troppo assuefatto all'infinita grandezza di quelle lande ed all'elegante bellezza delle palme, che nelle oasi si agitavano allo zeffiro, per
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siano ringraziati. Il sogno era stato terribile davvero. Aveva sognato di essere stato libero principe africano; di aver lottato per la libertà della sua
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giorno anche al popolo, per le sue faccende. L'audace aveva pagato colla propria testa l'inopportuna proposta. Nel circo vi erano i giochi. Non vi
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folla gli si fa incontro festosa; inneggia ad Apollo; i sacerdoti conducono pingui tori dalle corna dorate, per immolarle al sacro nume. Egli osserva
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decaduto. Quanto soffre! Pazzi pensieri gli passano per la mente»: vuole recarsi nelle Gallie, incontro all'esercito ribelle. Domerà i soldati col suo canto
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giulivo delle campane supera il sibilare del vento, che per qualche tempo non viene udito, supera il gemito lamentoso delle condutture aeree, e sembra
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per quelle cure, per quei lavori assidui, non si era rifiutato di mantenere l'onesto lavoratore ed egli si era trovato bene'in quel bell'angolo
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piccoli campanelli, simili alle squille di argento che i fanciulli agitavano in chiesa per annunziare che il sacrifizio stava per incominciare; e quelle
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venir trascinati in dura prigionia, per lavori servili oppure per il mercato. Li uccidono tra i dolori più raffinati, le torture più scelte, perché
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sacro legno, l'unica salvezza d'Italia, l'albero santo, dai cui rami pendete Colui, che allarga le braccia. per stringere tutti al suo petto, in un solo
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mia antica casa e nella dura prigionia; le mie spalle avevano sentito i colpi della frusta; ma poi era riuscito, per opera di buoni monaci, a riavere la
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fare anche il maggior sacrificio per la patria. E Milano risorge. Le sue mura? I nostri petti. Abbiamo costruito una novella città; la vogliamo chiamare
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indifferenti, anche miscredenti. Le famiglie si radunavano per il cenone; accendevano l'albero del Natale; attendevano la mezzanotte, andavano forse in
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quando si prostra al bacio del sacro piede ed implora dal Vicario di Gesù Cristo una speciale benedizione per Milano, per la compagnia della morte, per
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, bianchissima, che lo abbarbaglia per un istante. Troppo rapido è si avanza maestoso, solenne; le bandiere trionfanti svolazzano vittoriose al vento
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