I PREDONI DEL SAHARA
disseccava le labbra, passava sopra il deserto con mille stridori, sollevando immense cortine di sabbia, le quali correvano all'impazzata fra le dune. Pareva
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città come Tombuctu, perduta all'estremità del Sahara, in un paese affatto selvaggio. Il vecchio ebreo, che pareva ringiovanito istantaneamente di venti
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eterne ondulazioni sabbiose, le quali pareva non dovessero avere più confine. Quelle immense pianure non variavano. Sempre dune, poi dune ancora, con
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le direzioni. Un sussurrio lievissimo, che pareva prodotto dallo scrosciare di qualche foglia secca, li arrestò nuovamente. Quel rumore si era fatto
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! Ben!" gridò Esther. Una voce che pareva uscisse da sotto terra, rispose subito "Esther!" "Dove sei?" "Nella caverna." "Solo?" Un formidabile concerto
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una caverna che pareva avesse già servito di covo ad animali feroci, essendo ingombra di ossami spolpati di recente. Vi erano appena entrati, quando
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, che producevano dolori paragonabili alle trafitture di mille spilli, e le palpebre non bastavano più a ripararli. Dinanzi, l'orizzonte che pareva
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provocando frequenti colpi di tosse. Certi momenti pareva che dalle mille fessure del suolo scaturissero vampe, come se sotto quelle sabbie ardessero
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quest'ultimo tratto di pianura fu compiuta felicemente, nonostante il calore eccessivo che pareva sfuggisse attraverso le mille fessure di quel suolo
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fuoco, si avanzò cautamente fino a due passi da quella massa, poi mandò un grido di trionfo. "Mi pareva impossibile d'averlo sbagliato a così breve
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, non senza aver prima lanciato uno sguardo di ripugnanza verso l'ebreo. Quell'uomo gli pareva di troppo nel suo palazzo e aveva paura che contaminasse
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altrettanto, sorella," aggiunse Ben Nartico. L'animale si trovava allora ad un centinaio di passi e pareva che non avesse molta fretta di avvicinarsi. Forse
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perduto, non abbassava il braccio armato. Teneva la pistola sempre puntata, deciso, a quanto pareva, a scaricare contro i suoi nemici i due colpi e poi a
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come il becco dei pappagalli, gli occhi neri e ancora vivissimi. Non pareva che fosse né arabo, né un fellata e tanto meno un moro a giudicare dal
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mattina. A poco a poco le ombre della sera calavano. Pareva che salissero da oriente e si estendessero sopra il deserto come un immenso velo il quale
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abbiamo torto ad inquietarci." "Sarei stato più contento di non rivederli qui." Amr-el-Bekr, il capo di quel gruppo di Tuareg, pareva che non avesse
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da inquietare i fuggiaschi. Pareva che i kissuri avessero smarrito le tracce o che non si fossero sentiti tanto forti da proseguire la caccia. Dopo una
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aizzati dai loro cavalieri, divoravano la via, con lena crescente, col collo teso come struzzi in corsa, le nari dilatate, gli occhi animati. Pareva che
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spinsero attraverso le dune, dirigendosi verso il campo della strage. Quella corsa però non diede alcun risultato. Pareva che i Tuareg avessero
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tropicale pareva si fossero riunite intorno a quel piccolo seno. Ecco i giganteschi sicomori, gli splendidi banani dalle foglie immense. gli enormi
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grazioso del secondo. "Mia sorella Esther," disse Ben Nartico, presentandola al marchese, il quale pareva fosse rimasto affascinato dal fulgore di quegli
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nitrendo sonoramente, poi anche una tenda, che pareva fosse stata abbattuta, si sollevò ed il moro ed i due beduini comparvero, scuotendosi di dosso la
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pareva tranquillissimo, nondimeno girava gli sguardi da tutte le parti nella speranza di scorgere il marchese ed i suoi compagni. Certo contava su qualche
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fino sulle acque del Niger, le quali pareva che si fossero tramutate in bronzo fuso. Una prima scarica arrestò, poi volse in fuga i nuotatori ed una
Accademia della crusca
