I PIRATI DELLA MALESIA
pistolettate. Non bisogna irritare i Cinesi, mio caro, che qui sono numerosi e non amano troppo i bianchi. - Avevo fatto una marcia lunghissima
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dell'Hugly a quella del Gange. Il mio padrone era nato là in mezzo, in un'isola che si chiama la jungla nera. Era bello, era forte, era prode, il più prode
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, cane arrosto e gatto in stufato per pranzo! Se mio fratello fosse qui riderebbe tanto da scoppiare. Orsù, non bisogna essere schifiltosi. Se i cinesi
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? - Certamente. - Hai torto, amico mio. - Perché? - Perché né il tuwah, né il riso, né le frutta contengono veleno alcuno. - Berresti tu una tazza di quel
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male di una palla di carabina che fosse entrata nel mio petto ... Marianna, mia povera Marianna! Un secondo singhiozzo lacerò il petto della Tigre
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da tanti anni insanguinavano i flutti del mare malese. - Yanez! ... Fratello mio! - esclamò con voce soffocata dalla gioia. - Sandokan, amico mio
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il pirata. - Vi bloccheranno. - Che importa? - Siamo sopra un'isola, fratello mio. - Ma dentro un forte. Aïer-Duk ed i suoi uomini, attraversato
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, avrete da lavorare - rispose Yanez. - M'incarico io di mandarvi della gente. - Viva il capitano Yanez! - urlarono i tigrotti. - Ehi! fratello mio
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cassetto del tavolino. C'erano dei foglietti di carta, un calamaio, delle penne e una borsa ben gonfia che diede, urtandola, un suono metallico. - Il mio
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. Mio caro Principe, ci aiuti molto bene. Te ne sarò grato. Facendosi largo coi gomiti e non di rado coi pugni, dopo cinque minuti giungeva nella piazza
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maharatto. - I pirati, a quanto pare, sanno scegliere i loro navigli. - Hai ragione, mio caro. Non c'è piroscafo che tenga testa a questa valorosa Perla
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c'è un fortino abitato e potrebbe scendere qualcuno. - Sono pronto, Tigre della Malesia. - Andate, dunque, e al mio primo fischio ripiegatevi tutti
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- Mastro Bill, dove siamo? - In piena Malesia, mio caro Kammamuri. - Ci vorrà molto tempo prima di arrivare a destinazione? - Birbone, ti annoi forse
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buon thè. - Si dice che voi ne abbiate di veramente eccellente - disse il governatore ridendo. - Vero thè fiorito, ve lo assicuro: il mio amico Tai-Sin
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pugno. - James Brooke - disse con accento beffardo, - sei mio. Il rajah, che era stato atterrato dal pugno di ferro di Tanauduriam, si alzò guardando
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Giove! - esclamò con voce strozzata diventando maggiormente pallido. - Kammamuri! - Che cosa succede? - chiese il rajah. - Conducono qui il mio indiano
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Kammamuri, poi disse alla nipote: - La mia missione finisce qui. Tutto quello che ho potuto fare per te, senza compromettere il mio onore di marinaio
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il mio padrone potrà essere libero. - Ho l'anima infranta, zio. lo non so, ma si direbbe che su di me pesa la maledizione dell'orribile divinità dei
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fianchi del praho? Sei matto? - Ho il mio piano. L'equipaggio del vascello udrà le nostre grida, accorrerà e ci accoglierà come naufraghi. Tu sarai
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certo che i prigionieri sono tenuti là dentro. - Va', mio valoroso, e che Iddio ti protegga! Aïer-Duk aveva dato gli ultimi ordini pel combattimento
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assaltano i vostri. - Chi siete voi? - La Tigre della Malesia, mio capitano. - Come! ... Un altro nome dunque? ... Dov'è l'ambasciatore? ... - Là in mezzo
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capitano Sandokan. - Chi è questo Sandokan? - Per Bacco! La Tigre della Malesia. - E voi mi condurrete da quell'uomo? - Certo, mio caro, e sarà lieto di
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c'inganna. - Milord - disse il portoghese, alzando la testa e guardandolo in viso. - Se io giurassi sul mio onore che quanto vi ho detto è vero, mi
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graziosamente. - Non so che cosa farne. Ti domando altre cose. - Quali? - Odimi bene, amico mio. Io voglio sapere molte cose da te e se mi risponderai
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un gruzzolo di diamanti che varrà qualche milione, mio caro Tremal-Naik. - Ma io non accetterò. - Alla Tigre della Malesia nulla si deve rifiutare
Accademia della crusca
