I MISTERI DELLA GIUNGLA NERA
dove si trova e che tu mi guidi, non ho più alcun timore mio bravo indiano, - rispondeva il capitano. - Ah! ... finalmente potrò vederla dopo tanti
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, Kammamuri. - Qual dolore può affliggere il mio padrone? Saresti forse stanco di vivere nella jungla? - Non dirlo, Kammamuri. È qui, fra questi
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rapido cenno del padrone perché scomparisse fra i bambù. - Da dove vieni, mio bravo cacciatore? - ripigliò Bhârata, muovendogli incontro. - Dalla jungla
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non mi scorre più, padrone. Temeva di non giungere in tempo per salvarti. Ah! la canaglia! Strangolare il mio padrone! ... Traditore! Se mi cade fra
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un tremito, la mano che Macpherson gli porgeva. - Posso io conoscere il tuo nome, o mio salvatore? - Saranguy, - rispose l'indiano. - Non lo scorderò
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. Non so, ma una voce interna mi dice che questa donna io l'ho veduta altre volte, ha fatto palpitare il mio cuore, che questa donna è ... S'arrestò
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impazientirmi. - La colpa non è mia; la strada è lunga. - Lo so, amico mio. Come sono andate le cose? - Benissimo; Darma ha eseguito appuntino la sua parte. Se
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, Manciadi non parlerà. Lo giuro sulla mia dea. - Ma, miserabile, non hai mai amato tu, adunque? - Non ho amato che la mia dea e il mio fedele laccio
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, non lo sapeva. - Non ho nulla da perdonarti, mio buon Bhârata, rispose Macpherson, stringendogli fortemente la mano. - È giusto che tu sappi tutto
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. - Padrone? - interrogò Kammamuri. - Avanti, mio prode maharatto. - Siamo stati segnalati. - La mia Ada corre un pericolo: avanti! Attenta, Darma: l'ora
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laccio attorno al collo ed il corpo era stato straziato dai marabù. - Aghur! Mio povero Aghur! - ripeté Kammamuri, abbracciando il cadavere. - Ah
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ripetere l'invito e si presentò al capitano Macpherson, che si era seduto presso ad un tavolino colle limonate dinanzi. - Ebbene, mio bravo cacciatore
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essere a mezzo miglio da qui, nella direzione presa dal mio padrone. Che assassinino qualcuno? La paura di cadere nelle mani degli indiani era forte, ma
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! - esclamò lo strangolatore. - Hai mai amato almeno? - Mai, fuorché la mia dea. - Io l'amo quella mia povera figlia, al punto che darei tutto il mio
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mio compagno. Del resto non ci troveranno. - Sono spiriti, padrone. - Sono uomini. Taci e guardati ben d'attorno. In lontananza si udivano le urla dei
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pesciolino dorato. - Padre mio, - diss'egli. Il pesciolino che nuotava in fondo al bacino, a quella voce venne a galla. - Padre mio, - proseguì
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, ma più sorpreso che spaventato. - Ma come sei tu qui? - chiese. - È il mio segreto. Non si imprigiona un thug. - Non m'ero adunque ingannato io
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meritavi un così brutto tiro. Ma bah! Un altro al mio posto, invece di renderti nell'impossibilità di nuocere, ti avrebbe spedito all'inferno con una
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, - disse Kammamuri. - Continua. - Impugnai il mio coltello, - proseguì Manciadi, che fremeva ancora per lo spavento, - e tagliai la corda. Corsi a lungo
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tuoni. - È segno che il supplizio non è cominciato. - Lo credo, padrone. Gl'indiani praticano l'onugonum con grande strepito. - Eppure il mio cuore
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rumore delle pistole che armava. - Sono pronto, padrone, - disse. - Andiamo, mio prode amico. - E se incontriamo i thugs? - Ci ritireremo e daremo
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che io voglio dormire, - disse Tremal-Naik fingendosi di cattivo umore. - Puoi dormire, mio caro, e con tutta tranquillità poiché noi veglieremo. Tremal
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? Devo avvelenarlo? - No, il veleno non sempre uccide; vi sono degli antidoti. - Devo strangolarlo? Ho il mio laccio. - Andiamo adagio. Hai eseguito
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? - Evaderemo. - Quando? - Questa notte. - Come? - È affar mio. - Quanti uomini ci sono nel bengalow? - Erano sedici o diciotto. Ma ... Afferrò una mano del
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raggiungere la Cornwall prima che getti l'ancora a Raimangal. - E colarla a fondo? - Questo è affar mio, - disse Tremal-Naik. - Comanda. - Quanti
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erano avariate e appena calate in acqua andarono a picco. - Hai fame? - Sono dodici ore che ho mangiato il mio ultimo biscotto. - Olà, mastro Brown