I MISTERI DELLA GIUNGLA NERA
. - Sei un brav'uomo, Saranguy. - Me ne vanto, capitano. - Come ha passato la notte Negapatnan? - chiese Macpherson, rivolgendosi al sergente. - Ha
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disperato. - Morto? ... Morto! - singhiozzò egli. - Tutti muoiono adunque attorno a me? Ma che ho fatto io, Siva, perché debba perdere tutti quelli che
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sorriso! Mia celeste visione, perché rimani muta dinanzi a me? Perché mi guardi così? ... Non aver paura di me: sono Tremal-Naik, il cacciatore di
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. Doveva aspettarmelo. - Tremi dinanzi a me? - Io tremare! - esclamò lo strangolatore, sorridendo. - Manciadi non ha paura che di Kâlì. - Kâlì! Chi è
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che ella sparse il profumo, - diss'egli.- L'odore che mi sale alle nari me lo dice. Domani saprò dove mi trovo e con chi avrò da fare. Fece sei o sette
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le mie palpebre diventare pesanti e un torpore, una sonnolenza irresistibile, impadronirsi di me. Negapatnan subiva la medesima sonnolenza e
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sepolcrale. - Ti ricordi quella notte che ti rifugiasti nel pozzo colla tua Ada ed il maharatto? - Sì, me lo ricordo, - rispose con voce sorda Saranguy
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di lui, della limonata, ma nulla di più. - Chi può avermi tradito? - si chiese, rabbrividendo. - Cosa accadrà ora di me? Cos'è questa nebbia che mi
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Macpherson giammai ebbe paura. - Me lo dirai il giorno in cui il laccio di seta ti stringerà la gola. - E tu me lo dirai il giorno in cui il ferro
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potente soffio; aprii gli occhi e vidi sopra di me la gigantesca testa del mostro. Cercai di alzarmi per fuggire, ma la proboscide mi piombò sul cranio
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, Kammamuri. - Lascia fare a me, padrone. Tu pensa alla tua Ada, ed impedisci che qualcuno entri nella spelonca. Si mise a cercare, andando un po' a dritta e un
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me! ... Sono perduto. - Tenete fermo, ci sono! - urlò una voce tonante. Un indiano si gettò fuori della macchia, afferrò la tigre per la coda e con
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, salutando militarmente. - Conducete il mur-punky nel piccolo seno, - disse il capitano agli indiani. - E tu Bhârata, vieni con me. Il mur-punky prese
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stati sorpresi? - Sì, capitano. Mi aspettavano colla vostra testa e si lasciarono accostare senza diffidenza. Quando s'accorsero dello stratagemma da me
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ci scorgono daranno l'allarme e ci impediranno di sbarcare. - E come vorresti fare? - Ingannarli. - Come? - Lascia fare a me; passeremo senz'essere
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fece saltare in piedi. - Sali dietro di me, - gridò al thug. I due fuggiaschi balzarono in arcione, strinsero le ginocchia, s'aggrapparono alla
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ferito a morte Aghur! ... Povero me ... non ne ho colpa, padrone ... ci sono balzati addosso ... Aghur! povero Aghur! - L'hanno ferito! - esclamò
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. - Non so, ma mi parve che parlasse di me ed ho il sospetto che quella Vergine sia ... - Chi mai? - La donna che m'ha stregato, Kammamuri. Allorché quel
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, - porta via la vergine della pagoda e veglia su di lei. - Conta su di me, figlio delle sacre acque del Gange. - Quella vergine tenterà forse di
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dinanzi alla porta e fa' fuoco sul primo uomo che tenta salire la scala. - Conta su di me, Tremal-Naik. Nessuno verrà ad interrompere il tuo
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era stato ancora ucciso. D'un balzo si gettò giù dalla lunetta colla sciabola in pugno. - A me, marinai! - urlò egli. Gli inglesi si radunarono in un
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non lasciarli avvicinare. - Lo so, ma vegliamo attentamente. Ci sono nell'aria delle nubi che minacciano tempesta. - Lascia fare a me, Kammamuri. Tu
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che si è impadronita di me. - Coraggio, padrone, e andiamo innanzi adagio, adagio. Se qualcuno ci ode potrebbe dare l'allarme e far piombare su di
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che t'accompagni e ti giuro che ti seguirò dove tu andrai. - Anche se io mi recassi a trovare la visione? - Sì, padrone. - Rimani con me, prode
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molto buia, io scendevo dall'alto e sotto di me vagava la visione. L'ho udito il profumo cadere sulle pietre. Perché, crudele, adorare quella divinità
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qualche cosa anch'io. - Tu ti fornirai di tre salva-gente, poi verrai da me. Andate e che la vostra dea vi protegga. Tremal-Naik afferrò una scure, varcò la