I MISTERI DELLA GIUNGLA NERA
§All'oriente cominciava ad albeggiare, quando il capitano Macpherson e Bhârata discesero nel cortile del bengalow. Erano armati tutti e due con
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alcuno. Si volse ed appoggiato allo stipite della porta, scorse Tremal-Naik. - Tu, padrone! - esclamò egli con stupore. - Tu! ... - Sì, Kammamuri
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alta più che sessanta piedi, con una base larga quanto due terzi dell'altezza, contornata da stupendi colonnati, scolpiti con quella valentìa che
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indietro con visibile impazienza. Era un indiano di alta statura, magro come un bastone, col volto energico, lo sguardo lampeggiante e feroce, e il mento
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, frangendosi contro le rive. Un urlo acuto, l'urlo dello sciacallo, si fece udire in lontananza. Saranguy s'alzò bruscamente, guardandosi d'attorno con
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offusca il cervello? ... Che mi abbiano ubbriacato con qualche bevanda a me sconosciuta? Fece uno sforzo per alzarsi, ma subito ricadde; aveva udito
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facciamo a loro la guerra - La farò anch'io. Odio quei miserabili. - Un uomo coraggioso come te, non è da rifiutarsi. Verrai con noi quando batteremo la
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soglia sostarono tendendo gli orecchi. - Odi nessun rumore? - chiese con un filo di voce Tremal-Naik al compagno. - Nessuno, padrone, all'infuori dei
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temere qualche cosa. Non entrava nella di lui stanza se non quando lo vedeva dormire, ma quasi con ripugnanza. Amava meglio percorrere la jungla in cerca
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. Il moribondo s'era rianimato come il soldato che ode lo squillo di tromba che dà il segnale della mischia. - Kammamuri? - articolò con uno sforzo
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celeste, accavallandosi come le onde del mare. Frequenti colpi di vento si lanciavano attraverso le deserte Sunderbunds, curvando con mille gemiti le
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. Sbarazzato il ponte dei cadaveri, medicati i feriti, che fortunatamente non erano molti, Tremal-Naik si portò sulla lunetta con Hider, mentre un gabbiere
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dall'infanzia al remo, accomodatisi sui banchi si misero ad arrancare di buon accordo, con colpi secchi e rigorosi. La baleniera, una bella e solida
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ammazzato il povero Hurti. Tremal-Naik li guardò con due occhi che mandavano fiamme. - Il cacciatore di serpenti non tremò mai in sua vita, né tremerà
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, parla, - disse Tremal-Naik che già indovinava tutto. - È morto, padrone, - balbettò Kammamuri. Tremal-Naik si portò le mani alla testa con gesto
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maharatto, che dormiva con un sol occhio, lo raggiunse. - Cosa succede? - chiese egli. - I nostri animali hanno udito qualche cosa e sono inquieti
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dentro. Tremal-Naik, con un furioso colpo di spalla schiantò le tavole. Lo strangolatore, tutto contuso e insanguinato, si precipitò fuori dalla prigione
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. Con uno sforzo disperato s'alzò in piedi e si mise a saltellare, per quanto gli permettevano le corde, verso la feritoia. Un calpestìo affrettato che
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silenziosamente i gradini e raggiunse una stanzaccia oscura e deserta. Sostò un momento ascoltando con profondo raccoglimento, impugnò la rivoltella e
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sul fondo oscuro del cielo, con effetto fantastico, illuminava una vasta e solida capanna di bambù, ai piedi della quale dormiva, avvolto in un gran
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, percorse una lunga fila di stanze ammobiliate semplicemente ma eleganti, con seggioloni immensi e tavole e tavolini di acajù e salì sulla terrazza
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lasciarla fuggire. Il capitano, in preda ad un'ansietà indicibile, ritto sul castello di prua con un forte cannocchiale da notte, scrutava avidamente le
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vecchio parlò di lei, ho sentito il cuore battermi con veemenza strana e ciò mi succede tutte le volte che ... - Zitto, padrone! ... - mormorò
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la notte, era uno dei più giganteschi, fornito di più di seicento colonne, sostenenti smisurati rami carichi di piccoli frutti vermigli e con un
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più leggiero e precipitava la rapidissima corsa, pauroso di essere raggiunto dai suoi feroci nemici. Kammamuri gli teneva dietro con grande fatica
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feroce sfiorò le sue labbra, mostrando due file di denti aguzzi come quelli di una tigre. - Dove sono? - chiese egli con voce sorda. Tremal-Naik
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sergente dei sipai, giunse a poche braccia dalla riva. Con pochi colpi di remo s'incagliò profondamente fra le erbe. Il sergente balzò lestamente a terra
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. Però, bisogna dirlo, il bravo maharatto si allontanava dal suo padrone a malincuore, e quasi con rimorso. Egli, con ragione, temeva che Tremal-Naik
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rischiarano la città inglese e la città nera che formano Calcutta. Il capitano, ritto sulla passerella, comandava la manovra con voce metallica