I FIGLI DELL'ARIA
gli orsi. - Ne hai veduto qualcuno? - Non scorgo che pini e abeti, betulle e pini. Se piegassimo verso il lago? In mancanza di orsi fucileremo oche e
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cadere la pioggia sugli strati inferiori, senza lasciarla cadere fino a terra. Se ne trovano a tremilacinquecento metri d'altezza e a millecinquecento, e
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l'aveva ripreso, trascinandolo verso il nord con una velocità di sessanta o settanta miglia all'ora e che né le ali né le eliche potevano moderare. Per tre
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di attirare l'attenzione di qualche abitante. In quel momento sul fiume non si trovava alcuna giunca, né alcuna barca da pesca. Anche sulle due rive
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sicurezza dei condor delle Ande o delle aquile. Un uccello veramente non lo si poteva chiamare, quantunque nelle ali e nel corpo ne rammentasse la forma
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nell'altro monastero e pronunciò delle parole che né Fedoro, né Rokoff riuscirono a comprendere. Ciò fatto li condusse attraverso una galleria le cui pareti
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colpito. - Chi aveva messo quella carta? - chiese Fedoro. - Lo ignoro, ma certo qualcuno dei miei servi. - Ve ne sono alcuni affiliati alla "Campana
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, perché ci ha salvato la vita. - Andiamocene, capitano. Ne ho abbastanza di questo vallone e anche degli altipiani del Tibet. - Hanno già accomodato
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, perché si mostrava di frequente irrequieto, nervoso, e scambiava di quando in quando delle parole collo sconosciuto in una lingua, che né Rokoff né
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vedo una capanna, né una tenda in alcun luogo. - Non ne vedremo tanto presto, signor Rokoff. Chi potrebbe vivere in questo orribile deserto? Solamente
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di guerra è il vostro "Sparviero"! Guai se tutte le nazioni dovessero possederne alcuni! - Verrà il giorno che ne avranno; allora la guerra sarà
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entro padelle di ferro e si torrefanno leggermente, mescolandole e spremendole con forza, onde ne esca tutto il succo che contengono. Si mettono quindi
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sciam-sciù che avevo tracannato per farmi coraggio. - Chissà quante ne avrete dette sul conto di quel povero Buddha. - Credo di averlo paragonato a un
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avanzato col sorriso sulle labbra, dicendo con una leggera ironia: - Signor Rokoff, che cosa ne dite del liquore dei frati del monte Athos? - Per le
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cambiamento di rotta, ne aveva fatto osservazione al capitano, il quale in quel momento stava osservando una carta dell'India. - Il Bengala è ormai
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essere un uomo. Un quarto d'ora dopo però, ne scorgeva un'altra. Anche questa proveniva dal fuso e scivolava silenziosamente in direzione delle capanne
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questi due ne esiste un altro, il reggente, che esercita i poteri civili e politici, coadiuvato da quattro ministri, personaggio pericolosissimo, perché
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offrirci e del fuoco per asciugarci. Questo monastero è freddo come una ghiacciaia. - Stiamo discutendo su Buddha. - Me ne infischio io del loro Dio
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e più metri, ne è sparso e questa è forse una delle cause principali per cui i buddisti credono che quel territorio sia sacro, vedendo in quei
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russo. Poi, indicando il cosacco: - Ecco un uomo che è capace di accoppare un toro con un pugno e che se ne ride dei pericoli. Un amico devoto
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scene che in nessuna parte del mondo se ne può vedere. Era il bello orrido in tutta la sua imponente grandezza. Lo "Sparviero", che s'avanzava colla
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macchinista. - Mi è indispensabile. Guardate come la bella vi guarda! - - Ti sorride - aggiunse Fedoro. - Che scoppi! - gridò Rokoff. Fortunatamente né
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come una foca. - Ne ho abbastanza dei cinesi e delle loro lanterne. - Non sei entusiasta di questo spettacolo, Rokoff? - chiese il giovane, ridendo
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. - Che cosa ne dici macchinista? - chiese il capitano. - Che finirà per cadere nuovamente - rispose l'interrogato. - Temendo che i manciù ci
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e possono montare i suoi figli. - E non vi mangia? - Non ne ha bisogno. Quell'uccello fa a meno delle colazioni e dei pranzi, non vivendo che d'aria
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martirizzano i disgraziati prigionieri anche ora. Gli uomini erano così fatti allora: bricconi ve n'erano in quei tempi remoti e ve ne sono ancora
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improvvisamente sui due europei, prendendoli di sorpresa. Né Fedoro, né Rokoff avevano avuto il tempo di opporre la menoma resistenza, tanto quell'assalto era
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trovavano ora imprigionati fra quelle pareti che non permettevano nessuna scalata. - Che cosa ne dite? - chiese Rokoff al capitano. - Che siamo caduti dalla
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demolisse la gabbia e si scagliasse, come una belva feroce, contro la folla urlante. Il cosacco, sapendosi innocente, non voleva morire senza lotta, né
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. - Non ne vedo però alcuno in questo burrone - osservò Rokoff, che era impaziente di misurarsi con quella grossa selvaggina. - Ne troveremo, non dubitate
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terribili in causa della loro larga espansione. Ne diede una a ciascuno, poi fece aprire il boccaporto e, dopo aver ascoltato qualche po' salì sul ponte
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così bene! - E avremmo finito male. - Ne dubito. - Seguiamo il magistrato. Scortati dai soldati, i quali non avevano ancora levato le baionette dai
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quando, or l'uno e ora l'altro, s'alzavano per dare uno sguardo alla foresta, temendo il ritorno del tartaro. - Appena saranno ubriachi ce ne andremo
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al disopra delle foreste, dirigendosi verso il settentrione. - Dateci ora la caccia, se ne siete capaci - disse Rokoff. - Vi aspettiamo nel deserto di