Gambalesta
guardare i tre ragazzi che si giocavano alle piastrelle alcuni bottoni di osso bianchi e neri. Ma egli avea la testa a tutt'altro. - I carrettieri di
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insieme la paura di trovarsi in mezzo alle fucilate, di cui, più che altro, paventava il rumore. Se dovevano ammazzarsi, si sarebbero ammazzati loro
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appostava alle cantonate, attraversava di corsa una viuzza, poi un'altra, poi un'altra. Tutte le porte chiuse; poca gente alle finestre; rare persone per le
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giudicare a chi appartenessero i bottoni d'osso quando i ragazzi non erano d'accordo e minacciavano di venire alle mani. Serio, egli indicava con la punta
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mare e andavano a posarsi senza sommergersi, come egli aveva visto fare alle papere nella vasca del Canzirro all'Albero bianco. - Cuddu! Figlio di
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occhi in viso a compare Ignazio, sorridendogli col solito sorriso da scioccherello che gli veniva alle labbra ogni volta che egli non capiva quel che
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vai? Il ragazzo continuava a parlare vedendo che Cuddu lo guardava senza neppur fargli un cenno col capo in risposta alle tante domande. - Dove vai
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andava avanti. Compare Nunzio batteva su le macchie e sui cespi delle erbacce con la canna del fucile sùbito ricaricato. Cuddu, intanto, alle parole
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al collo e alle spalle; e si riscaldava andando via lesto lesto, senza voltarsi addietro, prendendo di tratto in tratto la rincorsa, pestando coi piedi
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lo sgridava: - Dove sei stato? Che hai fatto? - Niente. - Dove sei stato? - A quattro passi di qui, alle Fornaci... Ai Cappuccini, e fra Felice mi ha
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animo, e rispose franco alle domande che quegli, scorsa lestamente la lettera, gli rivolse: - Sei venuto da lontano? Bravo?... Hai mangiato? - Ora mi
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