FIABE E LEGGENDE
di Olimpio segna sulle bianche nubi un semicerchio che sembra la porta di una lontana galleria nel cielo, buia come un mister. Sono allagate le
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- Tu, Lionello ? - Steno! - A Venezia, Lionello? - Abbracciami, collega... - Dammi un bacio, fratello! - Ma chi ti disse... - Il tetto dove
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Carlo, e mentre si aprian tarlate imposte di cascinali, ed apparian d'un tratto camicie bianche alle finestre nere, e, nella brina, per sentieri
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Fatale notte! notte di incanti e meraviglie! Un grido sommesso, dai canali più spopolati al lido, corre di bocca in bocca nella folla atterrita. Fu
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La marina rifulge simile a terso argento; non un fiocco di nube, non un filo di vento; l'alcïon che coll'ali sferza l'acque tranquille le increspa e
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Era un gaio cervello già di togate zucche nella dotta Bologna, e di dottori in fieri la gioia e la vergogna; gran rompitor di ciotole, gran maestro
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esotiche - a cui garba por sui muri un po' di barba, scomponean lo stil corretto di un pregievole architetto. E lontan, lontano, all'ultimo fil di cielo, un
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- É un sì! - gridò Lionello, e fu un grido sì forte che rintronò per tutte le taciturne porte del palazzo affittato dall'ebreo di Rialto. Certo il
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tappo, vecchi stocchi sguarniti, pelli e corna di buffalo e ermellini ammuffiti, libri venduti all'alba da un notaio balzano, e la sera mutati in vetri
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teschi e cappelli di preti; pur nessun che respiri fra le strane pareti. Ma Lionello ha nell'angolo scoperto un seggiolone: - È là che dorme; andiamola a
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snudato il ferro, e sta innanzi alla porta come un tronco di cerro. Orribile minuto! Quel vecchio dalle braccia conserte al petto, immobile e taciturno, in
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Un giorno che piovea dirottamente, (era il pallido ottobre), e i valligiani del mondo si perdean dentro la mota, un giovinetto, amico mio, bizzarro
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- I miei giorni in un sogno dileguano; son già lungi, ben lungi i più belli! Come un volo - di uccelli - che emigrano e che solo - precipita in mar
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I due colleghi a braccio camminavano; Steno come un uom strascinato, l'altro franco e sereno. - Dunque c'entra un rivale?- diceva il Ferrarese
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socchiuse foglie di un bottoncin di rosa. Poi da un angolo trasse una corda sottile, milionesima parte d'una che in campanile dimagrò stiracchiata da un
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Un grido acuto, lungo, angoscioso, la oscura squarciò calma notturna. Di livida paura ansimante, l'Ebreo, signor di quel palazzo da cui la mia
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I fior che nascon tardi e a cui par che la luna l'acre olezzo regali, già per l'aiuola bruna cominciano a brillare, come un altro corteggio di stelle
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Quelle estreme parole non le ha don Diego intese? O credere non vuole che Dio possa far tanto per strappar dalle viscere di un uom l'ultimo pianto
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Or tutto da quei petti, fuorché il furore, è in bando. - Ferro e inferno! cotesta, e quest'altra ripara! - Dalla man di un vegliardo tu a darle
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felze schiude. Immobile, bianca come una morta, Bella a lungo lo fisa, poi guarda intorno... sola! Indietreggia, fa un cenno, ma al labro la parola le
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Per un sentiero a margini di gigli e di roveti, un lungo stuol precedono due giovani poeti; non hanno al crin l'olimpico raggio del greco Apollo, non
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tanto eppure contenente un mistero più di una culla dolce, più buio di un avello ?... Solo forse nell'aria qualche migrante augello tentò un trillo di
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s'avvia. Senti il dolce motivo e le dolci parole: " Io son come la zànzera intorno al candelabro: mi struggo a un vago raggio di neve e di cinabro
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- Troppo tardi! - Di Steno fur l'ultime parole. E sparì. Mie signore dalla cera stravolta perché, mai non avendo che un amante alla volta, già
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Era un parco antico e squallido da molt'anni abbandonato; desolato come un campo di battaglia, pien di nidi, e rami e zolle, come un colle - orïental
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Bella, non aveva altre gioie, non aveva altra stella. Or s'è mutato : attoniti se ne accorsero i servi ; un tremito convulso, cupo, gli agita i nervi; non
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correte, non abbassate il velo! L'uomo ignoto che segue, come un povero cane, i passi onde intrecciate le vostre corse strane, che per baciar la terra dove
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dei contadini sotto i porticati se ne stan colle braccia in su rivolte come turchi preganti; i focolari prestano un lume intermittente e pallido alle
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Tutti abbiam nella vita L'ora fatal che resta, come un negro stilita, sul nostro capo, immobile, finché andiam sottoterra; l'ora in cui l’uom
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staccossi, che volgea parlando a un Mocenigo, su per l'ampia scalea, e accanto al piedestallo fermossi, curïosa e tranquilla, a osservare la sua faccia
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Più in su della nebbia, più in su della torre, nei campi che l'aquila superba trascorre, ergeva il fantastico suo ciuffo un abete, possibile pania di
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L'uom se ne va senza indagar l'arcano: giunto alla meta, al teunine abborrito, al dì che tutto strugge, si accorge di aver stretto nella mano un po
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fanciulla, e nelle vene gli rifluì l'antico nobil sangue, e gli parve rivedersi d'intorno dell'infanzia le larve, E che fosse il baleno di un attimo
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allungano dal poderoso tronco?... Un dì, la plebe che le giovani piante errar vedevano per le feraci glebe, intenta ai riti della bionda Cerere, balzò
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un solo superbo monologo, la selva stormì! Gli augelli si destano cantando alleluia, le vette si indorano, la valle è men buia, lontani comignoli la
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La stanzuccia di Steno stava accosciata in alto di un palazzo affittato da un ebreo di Rialto; palazzo in cui da secoli i topi son signori, e che
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- Chi scelse a battezzarti questo nome divìno, mia piccola Contessa, fu un vate o un indovino? - Il mio nome di Bella!... furon due tristi cose, il
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alquanto; ma se voi mi giurate. . . - Parla per il tuo santo! - Vi si è allogato un ricco cavalier di Ferrara, e vi tien da più giorni gran tripudio e
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giunse in quel punto ? A quest'ora ei sarebbe un pallido defunto, obliante e obliato; sarebbe all'ombre sceso da men feroce strale in meno all'alma
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aveva la febbre, ché non udì la porta cader sotto un gran calcio, e la sembianza smorta non rivolse che all'urto di un cavalier piumato che, chiamandolo
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o speranti nel sonno; certo stanche e affamate. si udivano respiri affannosi; talvolta lo scoccare di un bacio ( qualche donna travolta dalla miseria
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fochi n'erano spenti; solo da una rossa cortina un barlume che andava e venìa, peregrina facella, certamente in mano alla contessa. S'apre una porticina
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, incliini di Elfi, o di chi al suol prosternasi per un tozzo di pane. Neghi a quei rami un sentimento, un'anima, chi non nacque poeta! Quegli non oda il
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pur di un sorriso, di uno sguardo che certo sarebbe il paradiso, e taciti, rodendo il cor che vi contiene, valicate con esso alle spiaggie serene
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il ramingo scarafaggio, perché un raggio dell'albor vi dipinga perle ed or; nelle ogive che si abbracciano più lascive delle Naiadi ; nelle grotte che