FIABE E LEGGENDE
un solo superbo monologo, la selva stormì! Gli augelli si destano cantando alleluia, le vette si indorano, la valle è men buia, lontani comignoli la
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Lettor, che bella notte! La luna è argento fino, le nuvolette invece son zaffiro e rubino; come tiepida è l'aura, come tutto riposa! Oh l'antica
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Ed apre la lanterna. La luce che n'è evasa saltellando si posa su quattro basse mura, dove leggonsi cifre di magica scrittura, e pendon croci e
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mondo partendo sono usciti d'inferno. Stesi placidamente e colle braccia in croce, della sacra Natura ascoltano la voce: senton la vita immensa che si
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Un grido acuto, lungo, angoscioso, la oscura squarciò calma notturna. Di livida paura ansimante, l'Ebreo, signor di quel palazzo da cui la mia
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Era il buon tempo. Il Fauno, guardia del porticato, fu la più mesta vittima dello splendor passato; egli che nel marmoreo malinconico cuore una notte
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correte, non abbassate il velo! L'uomo ignoto che segue, come un povero cane, i passi onde intrecciate le vostre corse strane, che per baciar la terra dove
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caduto. Bella è là dentro, ignara dello scambio avvenuto; tanto terror la prese che ancor non mosse accento. Il giovinetto trema come una foglia al vento
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di Olimpio segna sulle bianche nubi un semicerchio che sembra la porta di una lontana galleria nel cielo, buia come un mister. Sono allagate le
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I fior che nascon tardi e a cui par che la luna l'acre olezzo regali, già per l'aiuola bruna cominciano a brillare, come un altro corteggio di stelle
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,- firmagli il passaporto per un altro paese, ammazzalo! la bella s'anco diggià non t'ama, ti adorerà pel colpo della tua nota lama. Le son fatte così; vesti
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Lionello è solo. Il conte l'ode, rivolta all'atrio del palazzo la fronte, dir con voce secura e gentil: - Donna Bella, volger piacciavi a manca
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Un giorno che piovea dirottamente, (era il pallido ottobre), e i valligiani del mondo si perdean dentro la mota, un giovinetto, amico mio, bizzarro
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Povero conte Alvaro!... ecco ci pensa la sera (era già ben lontana da lui la primavera e la volubil ridda delle ore serene) in cui scoprì la blanda
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Vedi la selva delle quercie estatiche drizzar nel buio le braccia ritorte, funebre asilo di civette e d'upupe in vago sonno assorte? Le diresti
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Egli è là steso al suolo. il manto ha già le pieghe del funebre lenzuolo, la faccia ha già composta, quasi, alla pace eterna; e negli occhi che
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mescendo e lagrime, fra i gigli e fra i roveti, col plauso e la bestemmia seguono i due poeti. L'un canta: - I dì declinano, la creazione è stanca; un
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stesso desio!... Miserere!... al poeta non concesso è l'oblio... Come offusca lo specchio di un bambolo il respiro, come sfoglia la rosa un placido
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chino, al suon dei rami palpitanti e foschi, meditava il bramino. Di certezze più ricca è la brughiera che, a dispetto dei geli, eterna il fiore del
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La marina rifulge simile a terso argento; non un fiocco di nube, non un filo di vento; l'alcïon che coll'ali sferza l'acque tranquille le increspa e
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Il mare è generoso come ogni cosa grande: ama tanto la terra che gonfio in lei si espande; della rondin che porta dall'uno all'altro lido le querule
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Il ciel rasserenavasi: bella, superba e sola la faccia del pianeta splendea da Chioggia a Pola; una striscia d'argento che dal canale uscìa e dritta
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Era un gaio cervello già di togate zucche nella dotta Bologna, e di dottori in fieri la gioia e la vergogna; gran rompitor di ciotole, gran maestro
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monaco scortese, ora saran tre secoli morto di mal francese. L'attortigliò, la strinse, montò, l'avvinse al chiodo, e poi la smunta faccia, muto
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! Insiem lo scriveremo, mio dolce Steno, insieme! Perché a te pur l'amore, perché a te pur la speme dee ricantar la bella canzon dei dì passati: va
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Lungo il viale, per i viottoli, nelle sale, in mezzo ai portici, dalla freccia delle aguglie fino all'ultima corteccia, dove intreccia la sua feccia
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Benché adorna di pelo molto canuto e raro era bella la testa di messer Diego Alvaro; quando uscia dal Consiglio nell'ampia toga bruna, pareva in lui
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, folleggia, perdio! l'amante io sono, e voglio il lieto amore, la celia e l'abbandono! - L'abbandono!... dicesti un'orrenda parola! - Orrenda ? - Dopo i
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guscio. Berenice! eh, la vecchia! È il cavalier Lionello che vi chiede l'onore di entrar nel vostro ostello! Vedrai, Steno, una reggia... ehi la grama
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! " quando la valle si ingombra di nebbia e di vaghi colori ed una mesta voluttà ineffabile assalta i nostri cuori; e ti senti immortal, pensando al
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! - Già la morte hai sul viso! - Vecchio, son gioia e amore, e a te sembran la morte ? - Non avesse proferta l'ingiuria! Come sorte il boato che annuncia
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spunta l'aurora! É il crin biondo del giovane che te al buio rincaccia, è la sua balda gioia che ti offusca la faccia. Tu spronalo, dimentica, chiudi gli
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finestre, e il genia campagnuolo sembra da quelle osservar tristemente la rovina dei fiori.
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s'accorge che la pugnata guerra, le lagrime versate, le sciagure sofferte, l'ostie fatte coi lembi del cuor, sull'are offerte del suo triste cammino per
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La stanzuccia di Steno stava accosciata in alto di un palazzo affittato da un ebreo di Rialto; palazzo in cui da secoli i topi son signori, e che
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L'occidente era in fiamme e Venezia imbruniva. Qua e là per le finestre qualche face appariva, errante, come in mezzo a una carta abbruciata, dai
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cadavere che gettò la marea, e mirabile a dirsi! quel morto sorridea! E sulla spiaggia è un premersi di mozzi e di nocchieri, dai berretti turchini e dai
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ridere ho viste, mentre, in fondo all'oblio, v'eran anime umane maledicenti Iddio, e pugni che cercavano la pistola o il pugnale... Ma digredisco ancora
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tappo, vecchi stocchi sguarniti, pelli e corna di buffalo e ermellini ammuffiti, libri venduti all'alba da un notaio balzano, e la sera mutati in vetri
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- Di chi è quella casa? Dimmelo, vecchio. - Quella ? - Dove è entrata una donna. . . - Affé, la è una storiella che mi chiedete, o Steno, pericolosa
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nell'ombra la sospirata amante... O minuti divini di speranza e dubbiezza, non vi valgono quelli della secura ebbrezza, come non vince il sole del
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". V'ingannate, signore: la Dio mercé son scaltro, né saprete che avvenne nel cor di Bella Alvaro. Sol vi dirò che quando il freddo corpo ignaro a fior d'acqua
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giorni in un sogno dileguano!.. Presto un gobbo di meno avrà il mondo; e in un buco - profondo - ma piccolo qualche bruco - la terra di più! O natura
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si schiara la mente, riconosce il palazzo dove Bella ha incontrato e chiesta al padre. È questo il portico incantato per cui passò, premendo il suo
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oltremodo usato, (Il libro è come il fiasco, mi piace impolverato) v’è che vi leggo un nome... - Il mio... - Siam sempre al verde ? - La vita... - É un
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ispiratrici agli amanti che in terra fur timidi e infelici! I castighi, là in cielo, son castighi d'amore.