Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

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FIABE E LEGGENDE

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Praga, Emilio 49 occorrenze

FIABE E LEGGENDE

- Di chi è quella casa? Dimmelo, vecchio. - Quella ? - Dove è entrata una donna. . . - Affé, la è una storiella che mi chiedete, o Steno, pericolosa

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Era un gaio cervello già di togate zucche nella dotta Bologna, e di dottori in fieri la gioia e la vergogna; gran rompitor di ciotole, gran maestro

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Per un sentiero a margini di gigli e di roveti, un lungo stuol precedono due giovani poeti; non hanno al crin l'olimpico raggio del greco Apollo, non

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tempo e l'abitudine... - O viole, o gigli, o rose, o piume di colibrì, raggi di sole e note che i serafini cantano sul carro di Boote, voi che, il dì

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Fatale notte! notte di incanti e meraviglie! Un grido sommesso, dai canali più spopolati al lido, corre di bocca in bocca nella folla atterrita. Fu

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Ed apre la lanterna. La luce che n'è evasa saltellando si posa su quattro basse mura, dove leggonsi cifre di magica scrittura, e pendon croci e

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Il mare è generoso come ogni cosa grande: ama tanto la terra che gonfio in lei si espande; della rondin che porta dall'uno all'altro lido le querule

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Era un parco antico e squallido da molt'anni abbandonato; desolato come un campo di battaglia, pien di nidi, e rami e zolle, come un colle - orïental

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Puri amor che crescete nell'ombra e nel silenzio, terrene ambrosie fatte di cicuta e di assenzio, genuflessioni d'anime dall'idolo ignorate, voti

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Lettor, che bella notte! La luna è argento fino, le nuvolette invece son zaffiro e rubino; come tiepida è l'aura, come tutto riposa! Oh l'antica

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La stanzuccia di Steno stava accosciata in alto di un palazzo affittato da un ebreo di Rialto; palazzo in cui da secoli i topi son signori, e che

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Poiché il lido è scomparso, poiché nulla ne appare Steno lascia alla forcola il remo. Il cielo e il mare e il fatale amor suo! Tutto il resto è

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Egli è là steso al suolo. il manto ha già le pieghe del funebre lenzuolo, la faccia ha già composta, quasi, alla pace eterna; e negli occhi che

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Quando entrò nel palazzo l'Ebreo conquistatore tutto mutò sembianza, tutto mutò colore, e all'amante di sasso crebber le noie e il danno. Tra le

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Bella dama che uscite dal tempio del Signore, cui sta ancor forse un'ave sulle labbra vagante, bella dama, col viso pallido e l'occhio errante, senza

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L'occidente era in fiamme e Venezia imbruniva. Qua e là per le finestre qualche face appariva, errante, come in mezzo a una carta abbruciata, dai

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gioia, quando quelle due teste, in così immensa calma gravide di tempeste, mirò l'una ver l'altra chinarsi, e l'occhio ardente cercar l'occhio di

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Lionello è solo. Il conte l'ode, rivolta all'atrio del palazzo la fronte, dir con voce secura e gentil: - Donna Bella, volger piacciavi a manca

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leggenda prese il suo folle andazzo, si gettò dalle coltri e lanciossi al verone. In quel punto una gondola costeggiava il portone. E il grido non finiva

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- Che orrendo androne è questo per cui vuoi che m'inoltri? - Seguimi.- Proseguirono per l'aer pesante e buio. Steno sentia qualcosa d'arcano intorno

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seno inerte, vive e muore in un velo. I suoi piacer sanno di tosco, i mali gli aizzan l'alma ai giubili vietati che presente e non trova: è dalla

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Dio che misura il vento all'agnello tosato perché all'uom non misura, quando il verno è arrivato de' suoi dì tempestosi, le bufere del cuore? Perché

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I fior che nascon tardi e a cui par che la luna l'acre olezzo regali, già per l'aiuola bruna cominciano a brillare, come un altro corteggio di stelle

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- I miei giorni in un sogno dileguano; son già lungi, ben lungi i più belli! Come un volo - di uccelli - che emigrano e che solo - precipita in mar

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Povero conte Alvaro!... ecco ci pensa la sera (era già ben lontana da lui la primavera e la volubil ridda delle ore serene) in cui scoprì la blanda

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L'uscio tarlato e nero chiuse a doppia chiave, e al chiodo che pendeva da una sconnessa trave sorrise come al volto di una donna amorosa, o alle

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I salici piangenti hanno attitudini di prefiche commosse: sembran sudarii per raccoglier lagrime le sottoposte fosse. E, come vive, le cime si

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I due colleghi a braccio camminavano; Steno come un uom strascinato, l'altro franco e sereno. - Dunque c'entra un rivale?- diceva il Ferrarese

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oltremodo usato, (Il libro è come il fiasco, mi piace impolverato) v’è che vi leggo un nome... - Il mio... - Siam sempre al verde ? - La vita... - É un

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Un giorno che piovea dirottamente, (era il pallido ottobre), e i valligiani del mondo si perdean dentro la mota, un giovinetto, amico mio, bizzarro

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Vedi la selva delle quercie estatiche drizzar nel buio le braccia ritorte, funebre asilo di civette e d'upupe in vago sonno assorte? Le diresti

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Benché adorna di pelo molto canuto e raro era bella la testa di messer Diego Alvaro; quando uscia dal Consiglio nell'ampia toga bruna, pareva in lui

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Il ciel rasserenavasi: bella, superba e sola la faccia del pianeta splendea da Chioggia a Pola; una striscia d'argento che dal canale uscìa e dritta

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- É un sì! - gridò Lionello, e fu un grido sì forte che rintronò per tutte le taciturne porte del palazzo affittato dall'ebreo di Rialto. Certo il

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! Essa vi attende al varco, è il fato universale, il lotto irrevocabile del sempiterno Male) da quell'ora il suo sguardo è confitto alla mota, e la tomba è

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nell'ombra la sospirata amante... O minuti divini di speranza e dubbiezza, non vi valgono quelli della secura ebbrezza, come non vince il sole del

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ridere ho viste, mentre, in fondo all'oblio, v'eran anime umane maledicenti Iddio, e pugni che cercavano la pistola o il pugnale... Ma digredisco ancora

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Or tutto da quei petti, fuorché il furore, è in bando. - Ferro e inferno! cotesta, e quest'altra ripara! - Dalla man di un vegliardo tu a darle

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ricorda di gioia e di dolore, in cui, fra il lieto stuolo per la soglia accorrente, una vaga fanciulla, pallida, sorridente, dal padre inosservata

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dei contadini sotto i porticati se ne stan colle braccia in su rivolte come turchi preganti; i focolari prestano un lume intermittente e pallido alle

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somigliano, quando è squallida la notte, a una botte dove, a frotte, istrioni con megere vanno a bere; sul manier, nel vallone torvo e ner; per le

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La marina rifulge simile a terso argento; non un fiocco di nube, non un filo di vento; l'alcïon che coll'ali sferza l'acque tranquille le increspa e

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Il castello, immobil macchia, cosa informe e minacciosa, trafiggea co' suoi pinacoli l'ampia bruma nebulosa; dalle gotiche - compagini piante

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- Troppo tardi! - Di Steno fur l'ultime parole. E sparì. Mie signore dalla cera stravolta perché, mai non avendo che un amante alla volta, già

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L'aurora! E già i frassini, comari verbose, l'albor commentavano con stridule chiose; poi, punto d'invidia, scrosciava il querciuolo... già tutta, in

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mondo partendo sono usciti d'inferno. Stesi placidamente e colle braccia in croce, della sacra Natura ascoltano la voce: senton la vita immensa che si

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Carlo, e mentre si aprian tarlate imposte di cascinali, ed apparian d'un tratto camicie bianche alle finestre nere, e, nella brina, per sentieri

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? Perché nell'atrio oscuro s'inòltra, e brancicando per l'ingombro cammino colla punta del brando, al livido barlume dell'imminente aurora, attonito

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vecchie casse dei poveri morti, sono allagati i giovinetti nidi degli usignuoli; un passeggier non scorgi, per quanto è vasta la pianura.

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