FIABE E LEGGENDE
bambara, fuorché nell'ore in cui quella dama... - O Signore! - Lo viene a visitare... è una storia d'amore.-
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ignoti, già cigolava qualche vigil carro da cui, forse dicendo una preghiera, guardava il parco leggendario un pio beneditor di solchi, uscì da un cespo
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Un grido acuto, lungo, angoscioso, la oscura squarciò calma notturna. Di livida paura ansimante, l'Ebreo, signor di quel palazzo da cui la mia
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Tutti abbiam nella vita L'ora fatal che resta, come un negro stilita, sul nostro capo, immobile, finché andiam sottoterra; l'ora in cui l’uom
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pazzo... - Io la donna sognai non creta e non sollazzo! quella, il cui nome al labbro non mi verrà giammai, era il simbolo puro dell'idea che sognai
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I fior che nascon tardi e a cui par che la luna l'acre olezzo regali, già per l'aiuola bruna cominciano a brillare, come un altro corteggio di stelle
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culla all'avel (due guanciali!) ciò che sempre s'innova. Carlo, ne san più assai gli immensi boschi sovra cui sono i secoli passati; dove, immobile e
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Povero conte Alvaro!... ecco ci pensa la sera (era già ben lontana da lui la primavera e la volubil ridda delle ore serene) in cui scoprì la blanda
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Titani, a cui l'olimpica ira inchiodava i piè possenti al suolo, da mill'anni seguenti delle nuvole e invidianti il volo. Sai perché sì lontano i rami
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esotiche - a cui garba por sui muri un po' di barba, scomponean lo stil corretto di un pregievole architetto. E lontan, lontano, all'ultimo fil di cielo, un
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orrore! Ho la testa che bolle, e mi si spezza il cuore; certo un malor ci aspetta... - Un malore! t'inganni. Qui un biglietto mi attende per cui darei
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La stanzuccia di Steno stava accosciata in alto di un palazzo affittato da un ebreo di Rialto; palazzo in cui da secoli i topi son signori, e che
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ricorda di gioia e di dolore, in cui, fra il lieto stuolo per la soglia accorrente, una vaga fanciulla, pallida, sorridente, dal padre inosservata
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sangue; pregate per la turba negli ospitali esangue, sovra cui, col crepuscolo, peggior dell'agonia, la memoria s'abbatte e la malinconia; per gli
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si schiara la mente, riconosce il palazzo dove Bella ha incontrato e chiesta al padre. È questo il portico incantato per cui passò, premendo il suo
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dei divini pittori, cui certo un dì non s'erano pagati che i colori, mentre l'ebreo, felice dell'oro conquistato, d'esserne debitore ai morti avea
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marmo che si muove, è il macigno da cui sembra svanito il cinico sogghigno, è il Fauno che si abbassa sulla testa di Steno, e par dica : - Per piangere
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Bella dama che uscite dal tempio del Signore, cui sta ancor forse un'ave sulle labbra vagante, bella dama, col viso pallido e l'occhio errante, senza
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- Che orrendo androne è questo per cui vuoi che m'inoltri? - Seguimi.- Proseguirono per l'aer pesante e buio. Steno sentia qualcosa d'arcano intorno
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davanti a sé, segugio inconsapevole, per una ignota strada! Oh! pel ciel che splendea colle miriadi delle vaganti stelle; pei campi a cui davan bagliori
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affanno e di languor fulgente; e già stese le braccia, ed avida una bocca del contatto supremo da cui l'amor trabocca, pender da un'altra attratta dallo
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gufo e la rondine; dove, coperto di un'ellera eterna, mi sembri un chiosco la casa materna. Voglio una donna cui tutte somiglino le cento donne a
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non bastano allo scopo per cui Dio vi ha poste in terra queste vittime di guerra già cadute o che cadran; se il piacer già in voi ne langue, e vi punge