FIABE E LEGGENDE
Ignoro ciò che farebbe quella ch'io senza speme adoro, ove per l'amor suo me trapassar vedesse. Non avrei meraviglia s'ella fra sé ridesse! Molte
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, ch'ella è innocente... - Conte, rispose il giovinetto, non conobbi mia madre, l'inferno ho in gran dispetto, né posseggo, ch'io sappia, amici in paradiso
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dolce viso che il fanciul signoreggia. Certo è un sogno d'amore ch'ella fra sé vagheggia, carezzando, lasciva, que' suoi capelli biondi! Egli, con un
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giocherello! - Chi guadagna e chi perde! - Via, ma vendere un libro che non costa un ducato... - Erano quattro giorni ch'io non avea pranzato! - Eppur
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! ". " Sporgi al veron la candida faccia che m'innamora, quelle due labbra rosee fa' ch'io le vegga ancora! ". " Io son come la nuvola che assorbe il sol
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; mentre, al raggio lunar, le bianche foglie bisbigliavano : oblìo!... La Musa mi fe' mago. Allor dai salici uscì questa parola, ch'era lamento e che
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; tu dubiti che m'ami?... forse ch'io mai le dissi uno solo dei cieli, uno sol degli abissi in cui per lei travota è la mia vita? - E come se di te non
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dolce e misterïoso gli solleva il bel crine che quasi ha il volto ascoso, e, - Vi conosco! - esclama - giovinetto, quel nastro ch'io perdetti alla messa
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quello ch'altri chiamava: spetri.
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voi; ma lasciate ch'io v'osservi che son ossa e che son nervi che vi occorre di slacciar. Con quegli occhi celestiali, con quel labbro, con quel crine