FIABE E LEGGENDE
, cieca, stonata, abbietta, che discopra una pura faccia di giovinetta; tale il mondo sorrise e le faccie mortali, chine ai libri o alla mota, confitte
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ceruleo sguardo, par che la innondi di dolcezza infinita... Così, mentre il barone russa, pensando ai fasti di qualche vecchio arcione, l'ideal coppia
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sull'ancore, dormivano sonno cupo e solenne; e pei fitti cordami delle vetuste antenne, qual per entro ai capelli di sognanti titani, certo correan fantasmi
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Lungo il viale, per i viottoli, nelle sale, in mezzo ai portici, dalla freccia delle aguglie fino all'ultima corteccia, dove intreccia la sua feccia
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, se su lo sterpo inaridisce il fiore, l'amor non appassisce sotto i capelli bianchi? Ah, piuttosto una serpe mi si configga ai fianchi che alloggiarvi
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ponti, ai trabaccoli vuoti; che il nemico non senta ove il remo percoti, e, ora a destra, ora a manca, come guizzo di lampo, lo abbarbaglia!... Sventura
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è il vento che move dall'azzurro ove siedi... si dirìa che la statua trema dal capo ai piedi.
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, all'avvenire! E prepariamo un tumulo ai dubbi, ai pianti, all'ire! Siam gli eredi dei secoli che ha fatto economia; a noi la legge pia, la libertà
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... senti s'è profumato! - Un mite odor di viola si diffuse. - Leggiamo. - " Se tu o vedi gli dirai che l'amo, che l'amo ancora come ai primi dì; che
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alti, a far salti - ed a garrir. Ai meriggi, alto silenzio incumbea sulla riviera; se non era il cader di un frutto fracido che facea, nell'acqua
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l'orme ponete salirebbe una croce e vi morrìa di sete, che toglierebbe il serto di fronte alla doghessa per deporvelo ai piedi quando siete alla messa
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femminile!... É ben dessa, la donna sopra tutte gentile, è ben dessa, o poeta... Ma quel vecchio ti disse come occulta ai convegni di uno stranier venisse
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olezzi, dei raggi serbati ai fiori e agli astri che ancor non son nati! Sol io non valgo una viola, una lucciola? Via! mi esaudisci e mi dona, o
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allungano dal poderoso tronco?... Un dì, la plebe che le giovani piante errar vedevano per le feraci glebe, intenta ai riti della bionda Cerere, balzò
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il tumulo ai mutati viventi non falla: qualche errante - farfalla - può nascere qualche amante - che il gobbo sognò! - Così cantava Olimpio il gobbo
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rompean le mani in proteste di affetto svanito all'indomani; dove, bersaglio agli occhi, ai motti ed agli inchini, era passato, bello di gloria, il
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seno inerte, vive e muore in un velo. I suoi piacer sanno di tosco, i mali gli aizzan l'alma ai giubili vietati che presente e non trova: è dalla
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dei divini pittori, cui certo un dì non s'erano pagati che i colori, mentre l'ebreo, felice dell'oro conquistato, d'esserne debitore ai morti avea