Da Bramante a Canova
memoria dell’originario, sacro tracciato della basilica. Rispetta anche la realtà fisica dell’antico e «racchiude come in una teca preziosa le antiche
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Caravaggio. Il decoratore opera su una realtà architettonica data, in uno spazio già definito. Séguita un discorso che può essere proseguito soltanto
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principi di uno sviluppo immaginario coerente, con un processo di graduale abbellimento, che a sua volta rientra nella concezione di una realtà
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recupero cinquecentesco dai progetti per San Giovanni dei Fiorentini e perfino al piano bramantesco per San Pietro, in realtà c’è una differenza
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, come il «chef d’oeuvre inconnu» di Balzac, ch’è soltanto un groviglio di segni indecifrabili perché riproduce la realtà esistenziale nel suo
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Per Michelangiolo l’arte è la totalità dell’esistenza perché discende dalla storia, si attua nella realtà naturale del presente, tende a un fine d
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, per cause che alla superficie coincidono con circostanze esterne ma nel profondo sono interne all’artista, che in realtà non vuole e non può compierla
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In realtà il processo storico, anche dal punto di vista della tecnica costruttiva, è continuo. Nel Rinascimento e, tipicamente, nel Bramante, si ha
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contiene anch’esso (e non è il solo) una dichiarazione di poetica. Le Filatrici sono, in realtà, Pallade e Aracne; ma anche, propone Tolnay, le tre
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pochissimi) colma i contorni di colori densi, e non ne trabocca una stilla. L’immagine deve avere la stessa realtà fisica delle cose: è chiusa nei suoi
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Questo interesse alla realtà sociale si può spiegare con la posizione religiosa del Guarini: intransigente sul punto del dogma, ma aperto e
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, era soprattutto uno schema: ma accanto a quello schema dedotto dai grandi maestri, spesso mal conosciuti, v’era la realtà viva dei pittori e degli
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non è genericamente natura; è quella specifica natura che esprime il sentimento «naturale» del personaggio. Non è lo spazio della realtà (posto che
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indefinito o sospeso: e non nei confronti di una realtà esterna, ma della pienezza e concretezza, della capacità d’esistenza autonoma dell'immagine.
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della natura come realtà avente una propria, costante, sistematica struttura. Non essendo più pensata come creazione divina, e quindi eterna e immutabile
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paesaggio è il prodotto di un processo, implica il distacco dell’artista da sé e il suo impegno nella realtà, insegna a vedere la natura in modo giusto
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composto di cose concrete, di tanti frammenti di realtà singolarmente individuati; ma poiché ciascuna di quelle cose ne chiama altre, per un continuo
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piangente e del Cielo ridente, è ora una realtà di fatto, che tocca profondamente il mondo del sentimento, suscita il compianto. Ma, appunto, è
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visiva, lo mette in contatto diretto, non più con una natura precostituita, sistematica e unitaria, ma con una realtà frammentaria e concreta: sicché quel
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Tanto Constable, nella sua franca dimestichezza con la realtà quotidiana, quanto Blake, nei suoi tempestosi scontri col divino, sembrano, e non sono
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proiettando sulla natura la visione di Turner, Ruskin intuisce una «diversa» struttura della realtà, si tratti della stratificazione geologica del terreno o
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realtà visibile, lo spazio, non è che un comporsi e coordinarsi di frammenti. È strano che Ruskin, dopo esser giunto per primo alla teorizzazione dello
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si tratti di una spazialità virtuale o illusoria: per Michelangelo lo spazio è una realtà concettuale nettamente distinta dalla estensione e dalla
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tocca con mano la realtà, l’arte riflette l’incerto stato di un’umanità illusa e delusa da due discrepanti promesse di salvezza, vagante in un universo
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ha fatto un simbolo di lui che era un uomo. Crede, si, di ribellarsi a Dio come gli angeli di Milton, ma in realtà si ribella al basso e non all’alto
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nell’incubo, purché sia sottratta a ogni confronto con la realtà della nozione empirica, che romperebbe subito l’incanto. Le immagini, così spaesate
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