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rappresentazione e mirando a trascenderla, non è tanto valutabile dal risultato quanto dalla tensione del suo percorso. Il risultato non è mai
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Laterano, la ricostruzione di San Pietro, almeno per quanto riguardava il corpo della basilica, era appena terminata. L’ultimo atto della lunghissima
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religione come sentimento collettivo, non tanto fondato sull’autorità storico-dommatica delle scritture quanto fatto di vivide emozioni e di slanci affettivi
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persuadersi che l’architetto era sicuro di potere, in un secondo tempo, seguitare i lavori nel transetto e nel coro, secondo il progetto. Quanto poi alla volta
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imposte da una occasione, per quanto solenne, che si declina fin dal primo momento l’intenzionalità del monumento inteso come somma di valori
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, infine, È fatto il restauro del restauro: tenendo presente che non tanto l’invenzione brillante quanto proprio il tormentoso svilupparsi dell’idea
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sparpagliati nelle volte e nelle trabeazioni delle navate minori. Non tanto interessa il vivace motivo naturalistico quanto quello, su cui
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panacea di tutte le eresie, ma stranamente s’intreccia con una vena già arcadica o quanto meno poussiniana di cultura classica, molto lontana dalla
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ripercuote sull’altra, come in uno sbalzo. È quanto si vede chiaramente nella facciata, dove la concavità absidale del braccio d’ingresso si traduce nella
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pretende verso un obbiettivo impossibile quanto più si cerca di chiuderla in una forma finita.
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maturità di Michelangiolo: e termina con un insuccesso o, quanto meno, con una soluzione di compromesso, deludente: la tomba così com’è stata realizzata
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siffatta; infatti, quanto più s’addentrano nello studio dei singoli monumenti e riconoscono la dubbia attendibilità di Vitruvio, tanto più la
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e quella del grande pontefice regnante: quanto a Michelangiolo, questo proposito di fondere il tema storico-ideologico a quello della vittoriosa
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separano il primo dal secondo vano non sono tanto due quinte sceniche quanto, come ha notato il Lavagnino, «diaframmi che hanno la funzione di lenti
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Dobbiamo ora ricordare quanto abbiamo detto del carattere devozionale dell’edificio, della sua destinazione a un culto di massa, della modulazione
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blocchi di materia in cui si intravede, come un principio di animazione vitale, l’immagine umana. Infine, quanto più l’architettura si astrae in una
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nella fase di fenomenizzazione o visualizzazione del progetto. Quanto alle maestranze, è chiaro che nelle diverse epoche e nei diversi paesi i
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iniziale. Quanto al fatto che tutte le opere compiute da Michelangiolo tra il 1505 e il 1545 attingano e portino motivi al progetto inattuato, determinando
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, quanto meno, non di figura geometrica, ma in termini filosofici: lunghezza senza larghezza, lunghezza e larghezza ecc.
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esperti della tecnica quanto basta per assicurare al profano che quel «fenomeno» è un prodotto egregio dell’ingegno umano. E qui vien fuori il politico
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tema ma il suo sviluppo armonico: esattamente come nella composizione musicale non è tanto il tema melodico che conta quanto lo sviluppo ch’esso
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dello stesso tema formale in situazioni spaziali diverse. Lo scopo dell’architetto non è tanto di inventare la forma unitaria dell’edificio, quanto di
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: poteva mai ignorare, il Guarini, che per il razionalismo architettonico classico una soluzione siffatta era quanto di più arbitrario, anzi di assurdo
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tanto più naturali quanto più classici.
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’urbanistica borrominiana che a quella berniniana); quanto alla cupola, la sua forma chiusa è compensata da quella, capricciosamente aperta, dei campanili
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filosofia e la matematica perché queste saranno anche le cause supreme, ma il mondo in cui si vive è il mondo degli effetti. Quanto al Juvarra, è un
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tecnica vale proprio per la propria specificità, anzi tanto più vale quanto meno si presta a una composizione o somma di esperienze ed accentua la tensione
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per quanto fosse possibile»: spiemontesizzarsi voleva dire, con un altro barbarismo, «disfrancesarsi». Aveva un precedente in famiglia. Lo zio
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concavità della fronte, è il perno di una soluzione unitaria, quanto mai originale, di prospetto e interno. In un progetto per la ricostruzione del duomo
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quanto bastava per aggrottare le ciglia davanti all’ariosa arcadia del suo maestro messinese, come l’aspro Vittorio al vedere il gran Metastasio, nei
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spezzata in tante scuole nazionali, l’Inghilterra era rimasta, quanto all’arte figurativa, pressoché inerte. Le proibizioni puritane, dunque, sanzionavano
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interessa non tanto per sé quanto per la morale o la norma di comportamento che se ne possono trarre. Quanto a Reynolds, il suo classicismo lo conduce
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poetica del «pittoresco», la questione del «vedere» verrà addirittura considerata secondaria e dipendente rispetto a quella dell’arte, in quanto è proprio
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«pittoresco», in quanto collega l’immagine mentale di un eroe o di una dea con la persona concreta che ritrae.
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’artista è bensì l’uno che sta per i tutti, ma in quanto vittima e non in quanto eroe, in quanto patisce e non in quanto agisce. Blake è un contemporaneo
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riprendere la distinzione di Reynolds e di Fuseli) ricco di fantasia quanto povero d’immaginazione, mentre Blake sconta lo slancio dell’immaginazione
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Tanto Constable, nella sua franca dimestichezza con la realtà quotidiana, quanto Blake, nei suoi tempestosi scontri col divino, sembrano, e non sono
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Delacroix apre le porte della pittura romantica; ma è noto quanto debba Delacroix alla pittura storica di Bonington. E inversamente: vi sono punti di
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didattica, circa «la relativa debolezza degli imitatori e dei seguaci». Questi gli piacevano, c’è da giurarlo, quanto e più del maestro. La poetica di
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. Le categorie complementari del Pittoresco e del Sublime risolvevano, per quanto poteva interessare a una cultura empiristica come l’inglese, la
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Olimpico, artificiosamente falsate per sembrare più vere, deforma l’immagine e sovente la sdoppia: la figura sarà tanto più vera quanto più finta o
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Rousseau sono del ’67, l’anno seguente alla visita che il filosofo perseguitato fece, invitato da Hume, nella liberale Inghilterra. Che quanto v’è di
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Quante e quanto sterili geometrie nelle figure di Fuseli, chiuse ciascuna in un ideale rettangolo o triangolo o trapezio, senza che mai quelle forme
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. Quanto al soggetto dunque, nessun dubbio che il gruppo canoviano vada collocato nella serie dei componimenti figurativi e letterati, tanto frequenti in
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pratica: e la scultura veneta del tempo era tutta «di pratica», tanto povera di «ideale» quanto fornita di espedienti e di virtuosismi tecnici per
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, fondamentale per la rotazione del corpo, è quanto rimane della composizione a spirale tipica della scultura rococò. A maggior ragione la funicella tesa lungo
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idealizza. Rimane incongrua, inassimilabile quanto le forme del rococò erano invece pronte a legarsi, confondersi, intrecciarsi con le sembianze naturali. La
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