Da Bramante a Canova
’ultimo ricciolo dell’ornato. Borromini disegna come Leonardo, tracciando molte linee, di cui non sa né vuole sapere se una sia più giusta delle altre. La
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materialmente perduti ì resti o i documenti oggettivi dell’antico; ma non si può ignorare il nuovo significato che l’edificio ha assunto né fare a meno di
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nella pittura che nell’architettura elabora un nuovo ritmo oratorio, un nuovo tipo di discorso, ma non cerca di mutare il linguaggio né la sintassi. E se
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, un pensiero del Guarini: quello, cioè, che non esiste un’architettura religiosa né un’architettura sacra, ma sempre e soltanto una architettura
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’immagine di Roma in cui s’inquadrano le sue architettura non è più la città delle rovine né delle reliquie, ma una città che risponde, con la
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«regola» non è, nè mai potrebb’essere, l’arte classica, assunta come precetto formale. Gli stessi trattatisti del Cinquecento, ciascuno dei quali ha
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: dunque non è espressamente dedicata né alla celebrazione di riti specialmente solenni né alla predicazione. È, potrebbe dirsi, una chiesa tipicamente
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vuoto si distribuiscono simmetricamente rispetto a un asse longitudinale, né allo schema longitudinale, perché i vuoti si espandono lateralmente e la
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Michelangiolo. Il vero tema della sua ispirazione, infatti, non è Giulio II, né San Pietro, né il trionfo della Chiesa ma il monumento in sé come espressione
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dello spazio; se ne ritrova la traccia nelle cappelle laterali la cui ampiezza va via via aumentando per poi nuovamente diminuire, nei diversi livelli
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’edificio, bensì della visione; e allo stesso modo uno strombo e un rincasso prospettico non valgono più come profondità effettiva né come illusione di
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dovessero di fatto e manifestamente esercitare una funzione statica, l’evidenza di questa funzione sopprimerebbe la funzione simbolica, né le colonne
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Soggetto»; ma soprattutto si preoccupa della forma generale, che «né in tutto fatta a misura di versi, né in tutto senza numero convien che sia», dacché l
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che la situazione sia questa, assai semplice. Ne dubitava anche il Justi, che la ricostruiva così: mentre Velázquez sta facendo il ritratto al re e
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moto il meccanismo intellettuale dell’allegoria e, soprattutto, non coincide con il tanto raccomandato furor: né con il furor malinconicus di Leonardo
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pochissimi) colma i contorni di colori densi, e non ne trabocca una stilla. L’immagine deve avere la stessa realtà fisica delle cose: è chiusa nei suoi
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facciata di San Lorenzo né può altrimenti spiegarsi la trasformazione della tomba in una specie di «mostra», che inquadra bensì le statue in un telaio di
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’architetto sono quelli che servono a disegnare, a mettere le sue «idee sulla carta». Se ne dà l’elenco e la descrizione; e c’è perfino un prolisso
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di base della architettura del suo tempo; ma ne tratta in modo atipologico, puramente lessicale, limitandosi a darne la costruzione grafica. Per di
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’esempio, servendosi spregiudicatamente di schemi strutturali presi dall’architettura musulmana. Non si tratta dell’imitazione di modelli né di meditata
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ripetizione delle forme; e ne dà la riprova riducendo la cupola ad una struttura libera, aperta, che assicura la comunicazione continua tra interno ed esterno
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le finzioni sociali. Ciascuno è quel che appare e non c’è una vita interiore; la vita sociale è tutta esterna, né si può pensare uno spazio
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macchia d’ombra, un gioco di colori non sono meno reali, per l’occhio, che una fila di colonne. Né ha importanza che la luce sia del sole o dei lampadari
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del bello; e chi se ne intende, cioè è del mestiere, non giudica secondo schemi astratti, ma secondo la qualità delle singole opere. È questa la
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conoscitore è, socialmente, un borghese, né può in nessun modo appartenere a una classe che considera gli artisti socialmente inferiori.
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anzi con la lucida consapevolezza d’una nuova funzione storica, alla cerchia ristretta delle grandi famiglie. Né vi fu, per tutto il Settecento
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occhi e degli affetti. Ma la questione è più complessa. Per l’arte olandese, il problema del falso e dell’autentico non aveva ragion d’essere, né sul
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versione purgata, laica e sociale, che ne avevano dato, in architettura, Inigo Jones e Christopher Wren e, in pittura, Kent e i ritrattisti vandichiani
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natura. E qui la questione si complica e le distinzioni si fanno più sottili. Se Parte non è frutto d’ispirazione, rimane, né potrebb’essere altrimenti
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appunto il compito della pittura, né contraddice ai suoi fondamentali interessi sociali poiché ciò che si visualizza o fenomenizza, e al tempo stesso si
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, la natura è una costruzione della mente umana, che se ne serve per inquadrare e spiegare l’illimitata varietà dei fenomeni. Questa costruzione
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natura a qualcosa che è proprio e che ha acquistato, né potrebb’essere altrimenti, attraverso l’educazione. È, infine, una relazione di carattere
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morale e quindi esclusiva dell’uomo, che l’acquista e l’esercita nel viver sociale. Pur essendo «naturale», il giardino inglese non è né brughiera né
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correnti di cultura, e specialmente con il trionfante idealismo tedesco. Né certo una siffatta teorica, col suo universalismo, poteva accontentarsi di
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Come tanti altri inglesi, Blake si esalta per la rivoluzione, e poi se ne ritrae sgomento: e non si dica che si esalta per l’affermazione dei diritti
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fa scuola né tradizione.
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Oggetto di esaltazione fanatica e di drastica denigrazione, assai raramente, e forse soltanto nell’esame che ne fece Lionello Venturi, la critica di
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; il modello in terracotta del 1517 ne prevede ventiquattro, più due rilievi nei riquadri e due nei tondi. Anche dal punto di vista tipologico, l
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Avrebbe potuto essere, quella pittura, il primo atto dell’arte moderna; ma ne rimane tuttavia una fonte, e la fonte essenziale. Come tale, crediamo
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Michelangiolo, bisogna rispondere che, se questo spetta a chi possiede una più ricca combinazione di possibilità artistiche, non v’è dubbio che ne abbia
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classicismo astorico, irrecuperabile, alto nel cielo come una falce di luna nella notte della moderna barbarie; e non ha canoni né modelli ma sopravvive nel
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i temperamenti, dalle congiunzioni degli astri né promanano agli uomini dai luminosi orizzonti della natura. Nella società si generano, come
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fili multicolori. L’attore che si muove sulle tavole del palcoscenico è già in una dimensione diversa, in una prospettiva che ne altera le figure ed ai
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se ne può intendere»; ma proprio perciò l’architettura oltrepassa il grado d’esperienza che si può compiere attraverso la pittura e la scultura. Il
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natura, non è Naturgefuhl né Stimmung né malinconia; nasce, all’opposto, dall’inasprito conflitto dell’ideale e del reale, dell’archetipo e dell’individuo
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equivoca, né tutta materiale né tutta spirituale, del sogno: dove non c’è sublimazione senza contaminazione né bellezza che non nasca portando già in sé il
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Shakespeare al Manierismo, all’eufuismo del suo tempo. Né più risoluto e moralmente forte è il suo atteggiarsi di fronte ai grandi problemi del suo tempo. All
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simmetria con il perizoma di Dedalo e ne ripete linearmente le pieghe che spezzano le curve in segmenti rettilinei, come se fosse fatto di stoffa
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Non poteva ignorarlo il Canova, benché a quell’epoca la sua cultura fosse tutt’altro che raffinata (ne fanno fede gli sgrammaticati appunti del
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Canova, invece, non c’è prospettiva, illusione spaziale, scenografia, teatro. La forma plastica non rappresenta la figura, ma la sublima, ne trasforma
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