Da Bramante a Canova
materia al contatto dello spazio e della luce. Trapassa, quella forza, in una materia che in sé non ha nulla di prezioso o di raro: se il costruire è un
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soprattutto a riflettere e stornare la luce per impedirle di espandersi e avvolgere, e per costringerla a profilarsi, segmentarsi, impuntarsi sulla
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concepita per un effetto luministico che esigeva la riflessione della luce dalla superficie curva della volta, la rinuncia a costruirla significava il
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narrazione figurata dei rilievi e dei dipinti negli ovali4, fino alla sorgente di luce delle finestre.
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Un'altra ragione dell’accentuazione anche coloristica delle edicole è la condizione di luce che, con la mancanza della volta, si è venuta a
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maggiore la luce perché le campate più strette, non comunicando con la navata centrale, sono illuminate soltanto dalle finestre, mentre le più larghe
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luce, il Borromini ha concepito l’insieme del nuovo San Giovanni; e proprio l’elasticità del sistema (documentata dalle variazioni di ritmo nei vari
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tutta infiorata: insinuano nel trionfo del bello «naturale» — i fiori, la luce, il grande spazio — la nota malinconica di un altro bello, spirituale
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grande tamburo, in uno spazio tutto aria e luce, dove i volumi sono come sottratti alla gravità, alla concretezza materiale del loro essere; e che le
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, tracce, frammenti della grande opera «segreta», che seguita a crescere dentro e non vedrà mai la luce. L’arte è la totalità dell’esistenza o dell
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successione ritmica di elementi di modulazione che trasformano le pareti in plastici capaci di sfruttare tutte le variazioni dell’incidenza della luce. Dal
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dell’interno e dell’esterno. Bisognava dunque trovare, all’interno, una condizione di luce che non fosse quella normale degli interni, contenuta nei
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di forma nella facciata e nell’interno: non solo, ma all’esterno, dove la luce naturale è più forte, le colonne sono più piccole e hanno il fusto
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lo spazio assume nell’articolazione e modellazione delle pareti, della mobilità continua delle prospettive e degli effetti di luce. Come sempre, la
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dei rasi e dei velluti nella luce viva della finestra. Spinge la polemica nel campo tecnico: l’illuminazione dello studio per il ritratto ufficiale
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, potrebbe dirsi, il medio proporzionale tra gli estremi opposti, di luce e di tenebra, delle membrature e degli specchi piani dell’architettura. È
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. Lo spazio (e qui il fenomenismo del Guarini s’accorda con l’assunto religioso) è concepito come pura luce: se anche il miracolo è, in definitiva, un
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rotondo si riduceva al contrapposto, lungo il medesimo asse verticale, del vuoto in penombra del pronao squadrato e delle curvature continue, in piena luce
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’occhio vuole la sua parte, e si fa la parte del leone: scenografo, Juvarra è il primo a capire che, immagine per immagine, un fascio di luce, una
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guariniana di San Lorenzo. Ma quello che il Passanti definisce benissimo «un intreccio d’archi tutto filtrante luce» e che sembra reggersi sfidando tutte le
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complementare della forma architettonica non è più la costante geometrica, sia pur declinata secondo una larga serie di varianti prospettiche; è la luce
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concezione della «storia», ma rileverà acutamente il vivacissimo contrapposto delle masse di luce e di ombra colorate.
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pittura sia tale che, a una certa distanza, non si distinguano le figure, né ciò che fanno, e sembri formare un insieme di masse di luce e d’ombra, e che
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confuse di luce e di ombra. Proprio così, del resto, aveva concepito Hogarth i suoi quadri di storia: e cosi li concepirà ancora, molto più tardi
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cose, luce e colore, il «sublime» è segno puro, perentorio, incancellabile; il «pittoresco» ò tutto terreno, contingenza, incontro, il «sublime» è
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della composizione coloristica della luce, della trasparenza atmosferica o della rifrazione dei raggi. Si sa che la critica ruskiniana è piena di
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senso immediato dell’apparizione scenica, non può essere soltanto limite della figura, ma di zone contrapposte di luce e di ombra. Nelle incisioni di
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tempo per i cosiddetti quadri plastici (ne parla anche Goethe), agli effetti di luce. Ciò che l’artista specialmente cerca è «the command of horizon», e
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sorride de]l’inutile armeggiare del vecchio, è tutto assorto nella visione, che già sembra abbacinarlo, della gran luce del sole, in cui volerà tra
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non può essere che quello che è, né può mutare con il mutare delle circostanze di spazio e di luce. La giustapposizione di concavo e convesso tra il
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senza distacco il reale nell’immaginario, ma che si rivela nello sbattimento dei veli pieni di vento, nel palpitare delle carni sazie di luce. Per il
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