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materia al contatto dello spazio e della luce. Trapassa, quella forza, in una materia che in sé non ha nulla di prezioso o di raro: se il costruire è un
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È, quello del Borromini, uno spazio fatto «artificialmente» per quel tormento-delizia dello spirito che è nel Seicento la pratica ascetica: con una
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schema basilicale e non lo considera una limitazione assurda perché per lui non è più lo schema di una concezione razionale dello spazio, ma soltanto la
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hanno un’estrema, nuovissima vivezza naturalistica, eppure sono dello stesso colore e della stessa materia delle membrature architettoniche a cui si
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berniniana del monumento. Più ancora che lo schema longitudinale, richiamano al tema della cattedrale gli sviluppi indipendenti dello spazio in altezza (com’è
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estrazione storica e dipendenti da diverse concezioni dello spazio: l’unità spaziale o quella che si chiamava la convenienza della composizione dandosi nell
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confermato da testimonianze del tempo, la riforma dello spazio adiacente alla chiesa non è motivato dal desiderio di un grandioso inquadramento
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dislocazione degli schermi, fa parte dello spettacolo.
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Il non-finito è una qualità dello stile plastico di Michelangiolo, una esigenza della sua poetica neoplatonica, l’espressione della sua insofferenza
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Cinquecento, che l’architettura non si pone più come rappresentazione dello spazio universale e incomincia a proporsi la soluzione precisa di problemi
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dilatazione laterale dello spazio che il Bernini, all’incirca negli stessi anni, elaborava in S. Andrea al Quirinale. Il reciproco compensarsi della
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Dal punto di vista costruttivo, questa rinuncia a una strutturazione a priori per una modellazione dello spazio sulla funzione, ha conseguenze
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costruzione oggettiva dello spazio ma alla determinazione di una immagine spaziale, e lo spazio stesso è pensato come immagine, non ha più senso
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profondità della facciata tende ad assorbire, a neutralizzare, a compendiare in volumi plastici la gran luce dello spazio aperto. Ma all’interno, dove
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quella che si dà nella visione. Potrebbe dirsi, paradossalmente, che quelle forme rimangono, nella nuova concezione dello spazio, come i simboli di
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dello spazio in funzione di una folla che accede alla chiesa e vi si accalca procedendo lentamente verso l’immane venerata, del carattere panoramico che
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rappresentazione dello spazio universale, ma come un discorso. Il succedersi dei progetti per S. Maria in Campitelli indizia un processo operativo molto
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’idea classica del trionfo «storico» e quella cristiana della vittoria finale dello spirito: collegando la gloria del pontefice guerriero alla santità
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dei rasi e dei velluti nella luce viva della finestra. Spinge la polemica nel campo tecnico: l’illuminazione dello studio per il ritratto ufficiale
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: soltanto che per Vermeer la pittura è il quadro, per Velázquez il pittore. Ma l’ipotesi dello specchio non regge: la ripresa visiva è diretta, la
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, economica o privata, rustica, acquatica, ecclesiastica) che palesemente riflette l’ordine, la struttura dello Stato; e l’architettura è detta arte
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formale. Non soltanto non muove più dalla concezione dello spazio come forma universale, ma prescinde perfino dalla considerazione empirica del sito
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nel 1674 il Guarini pubblica, a complemento dello Euclides Adauctus del ‘71, un «Modo di misurare le fabbriche ,in cui non vi è corpo, e quasi non vi
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La cupola della Sindone è un tipico esempio di modulazione ritmica o dello sviluppo di un ritmo, di cui le forme visibili sono soltanto l’occasionale
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dello stesso tema formale in situazioni spaziali diverse. Lo scopo dell’architetto non è tanto di inventare la forma unitaria dell’edificio, quanto di
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’architettura è sempre cosa dello Stato, del governo mondano. Con essa lo Stato, o il sovrano che lo incarna, rende omaggio all’autorità divina da cui
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necessario dello spettacolo: è un prologo visivo, uno schermo figurato su cui appare una scena Essa, per lo più mitologica o allegorica, e serve di
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della casa regnante, simbolo dello Stato, e nello stesso tempo metta un accento classico sull’orizzonte urbano familiare dei colli torinesi. Il monumento
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palazzo Madama, al di là della facciata svuotata dalle immense finestre ad arco c’è il grande vano dello scalone d’onore e della galleria delle feste
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’architettura e il teatro volevano insegnare a stare dignitosamente nella natura e nella storia; nel Seicento, a stare nell’ordine della Chiesa e dello Stato
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pianeta a pianeta, ma come da una camera alla contigua; non lo spazio muta, ma il nostro senso dello spazio, il nostro sentirci al largo o allo stretto
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’architettura dello zio, avrebbe espresso un giudizio critico ben più calzante di quest’altro, che anticipa l’intolleranza neoclassica del Milizia: «era
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dell’Alfieri che la innesta al centro politico e la mette in valore. Sarà questa, com’è noto, la grande direttrice dello sviluppo urbanistico di Torino
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perennità della Chiesa romana, del trionfo dello spirito sulla materia ecc. V’è anche un significato cosmico: i tre ordini degradanti del monumento
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Richardson, che segnano appunto il trapasso dalla critica dilettantesca del «virtuoso» o dello «amatore» alla critica scientifica del «conoscitore
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valutazione dello spazio come funzione mentale, indipendente da ogni diretta apprensione sensoria.
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natura umana fino al punto di fargli sentire come umane le cose naturali. Spira, in tutta la teoria del «pittoresco», il ricordo dello «entusiasmo» di
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formalismo michelangiolesco, arriva alla distruzione dello spazio e della forma; Constable, che guarda il vero con l’educazione ricevuta dal
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regno dello spirito, da quando i ricchi hanno scelto la via dell’utile materiale: infatti il prodotto di quell’artigianato è il libro, l’oggetto che l
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realtà visibile, lo spazio, non è che un comporsi e coordinarsi di frammenti. È strano che Ruskin, dopo esser giunto per primo alla teorizzazione dello
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che può considerarsi l’obbiettivo essenziale dello sforzo artistico contemporaneo.
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. Infine, Brunelleschi postula una spazialità ideale come archetipo dello spazio naturale, Michelangiolo ritrova la spazialità ideale al di là, o nel
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Nei primi anni della sua vita intellettuale, a Zurigo, Fuseli aveva corso le rapide dello Sturm une Drang, amico di Bodmer, di Lavater, di Sulzer; a
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fase shakespeariana, la fase dello Shakespeare maggiore» (Praz).
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presenti e invisibili riescano a costruire l’immagine dello spazio. Segregano, invece le figure in una dimensione impenetrabile e astratta, come
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dello scultore, lo scultore il prototipo dell’artiere: facile, dunque, l’associazione della sua figura con quella dello scultore-artigiano, dell’abile
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dello spazio astratto del blocco svuotato assume necessariamente un’accentuazione luministica: ciò che spiega la radice tizianesca, molto più che
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strumento della sua salvezza, o forse sa che per volare nel cielo dello «ideale» o del «sublime» ci vuol altro che ali di cera e di penne legate con lo spago
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quello dell’antiquario Svayer, dipinto in quegli stessi anni, dimostra che conosceva benissimo la ritrattistica inglese, e più ancora quella dello Hogarth
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nello spazio dello esistente.
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