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del Seicento con il dualismo Caravaggio-Annibale e poco dopo, con accresciuta asprezza, con il dissidio tra il Bernini e il Borromini; e poiché il
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Il motivo del dissidio tra il Bernini e il Borromini è dunque la tecnica, e non soltanto nella documentata cronaca dei fatti. Il Bernini concepisce
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Borromini è amaro e quasi espiatorio, perché il mito di Michelangiolo era ormai tramontato e il mito classico del Bernini era di segno contrario. Ma
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Malgrado le insinuazioni del Bernini, il Borromini è tutto altro che un eretico: semplicemente non crede che la salvezza sia lì, a portata di mano
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per assurdo, È carcere, mentre quello del Bernini è paesaggio e teatro: non ci si sta bene, dentro, e per sfuggire alla strettoia non ci sono che
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La tecnica del Bernini è guidata dall’immaginazione del possibile, quella del Borromini dalla fantasia dell’assurdo: il Bernini può chiamarla
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Volendo meglio precisare la divergenza tra i due maestri, si può dire che lo spazio del Bernini dimensione, quello del Borromini situazione. La
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, chi le consideri, di assumere un’attitudine dialettica e non di distaccato giudizio. I posteri non hanno dovuto scegliere tra il Bernini e il Borromini
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Seguitiamo a parlare della logica-immaginazione e della tecnica del Bernini ogni volta che parliamo di ideologia, sia pure in senso sociale o
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Così si spiega perché l’antitesi e la continua tensione tra la tecnica estensiva del Bernini e la tecnica restrittiva del Borromini siano anche
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’ostilità, latente da tempo, tra Bernini e Borromini. Nel rifacimento di San Giovanni, Borromini imposta il proprio programma operativo sul rovesciamento
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primo del ciborio alla tribuna, alle navate e alla facciata (per dilagare, di lì a poco, nella piazza antistante), Bernini ha interpretato e
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. Nella loro semplicità le istruzioni del papa, nella lettera del 15 marzo ’47, enunciavano un concetto che gli architetti del Cinquecento e Bernini
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essenzialmente medievale della basilica lateranense può avere risuscitato, in uno spirito meditativo e critico come quello di Borromini (che Bernini e poi
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Pietro da Cortona era pittore ed architetto, il Bernini architetto e scultore, il Borromini soltanto architetto. Tra questi tre maestri si dibatte
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Bernini), gli rimproverasse di non avere «l’anima grande», confessa che il suo solo rammarico è di «non aver saputo più nella professione della pittura
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urbanistica dell’architettura del Cortona, nettamente diversa da quella del Bernini e del Borromini. Il Bernini tende a sovrapporre in modo
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indifferenza del Bernini per il lato finanziario dei suoi progetti; ma il Bernini è un artista di corte, il Cortona un professionista borghese. Il carattere
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poco il Bernini, in Sant’Andrea), il tempietto di San Pietro in Montorio: a questa data, il tipo del tempietto bramantesco è già diventato paradimmatico
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Cortona non può fare a meno di confrontare la propria all’opera architettonica delle due «anime grandi» antagoniste, il Bernini e il Borromini, è a
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processi, di ricomporre l’unità di tecnica e stile distrutta dal Manierismo; il Bernini crede ancora in una tecnica che implichi una grandiosa
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dilatazione laterale dello spazio che il Bernini, all’incirca negli stessi anni, elaborava in S. Andrea al Quirinale. Il reciproco compensarsi della
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significato iconologico degli elementi architettonici. Costruisce su una scala dimensionale moderata (si pensi al gigantismo del Bernini nel colonnato di
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su di essa, con trasparente allegoria, il Bernini imposta la soluzione architettonica di piazza S. Pietro. Ma è anche chiaro che, se le colonne
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diverso da quello del Bernini e del Borromini. Il Bernini procede per successive invenzioni formali, ciascuna delle quali implica quasi sempre le
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. Se poi si pensa alla diversa ma ugualmente impegnativa relazione dell’architettura del Bernini e del Borromini con lo spazio storico della città di
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tipologie: quelle, cioè, su cui si fondava la progettazione classica, fino al Bernini e allo stesso Borromini.
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per antonomasia, per il Juvarra, era il Pantheon: l’aveva affermato il Bernini mezzo. secolo prima, studiandone il restauro o, piuttosto, l
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