Contessa Lara (Evelina Cattermole)
calcina. Questo rozzo mosaico era molto tempo ch'egli lo andava facendo. A forza di maneggiar mattoni e calce, le mani gli eran diventate più dure e più
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; abbattuti i tramezzi delle antiche celle, s'eran fatte stanze più vaste: che avevano, però, finestrelle e usciolini troppo fitti e regolari per non
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fretta dello sbrigarsi, si andavan liberando rapidamente: il più grosso, quello a cui s'eran vólte le brame più intense della giornata, era toccato a
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! Per lei, la sua figliuola era quella del giorno in cui si eran separate: faticava, soffriva per mandare a' suoi genitori qualche soccorso mensile di
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quattro mobili tarlati che c'eran dentro, ma pian pianino perchè non si destasse la madre, che russava ancora, raggomitolata in una specie di canile; poi
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d'una acacia: breve sfondo circoscritto da un gran casamento, butterato di finestre e di terrazzini, fra' quali eran tése lunghe e multicolori
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a punto perchè c' eran di mezzo tre creature, si strapazzava seguitando il doppio mestiere, con maggior cocciutaggine che forza fisica, la quale gli
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più gli piacevano quanto più eran coloriti; teneva la boccuccia aperta, serio, e metteva un suono inarticolato di maraviglia e di desiderio tendendo la
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Questi due ultimi versi eran per lui un pensiero fisso.
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Da un anno, cioè da quando s'eran gettate le fondamenta di quel palazzone a cui lavoravano, egli era stato sotto gli ordini di Nanni, e aveva preso
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di prezzemolo copriva due o tre zolle, e dentro una pentola rotta, i cui cocci eran tenuti insieme da un fil di ferro, venivan su belle quanto mai le
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scalzo, dove uno sguardo o un cenno della monaca gl'indicavano. Gli animi, come l'aria, eran gonfi di qualcosa, che aveva bisogno di sfogo. Finalmente
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