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Clelia: il governo dei preti: romanzo storico politico

675933
Garibaldi, Giuseppe 36 occorrenze
  • 1870
  • Fratelli Rechiedei
  • prosa letteraria
  • UNIFI
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Clelia: il governo dei preti: romanzo storico politico

. Avevamo fatto circa una diecina di passi in cotesta stanza quando mi sembrò di udire alla mia destra dei lamenti. Mi fermai, per meglio ascoltare

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«E così fece questa - ripigliava Marzio. - Io non burlavo, lo puoi ben credere. Volevo la mia Nanna e cento vite di vecchie non mi avrebbero

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gondola, segui e raggiungi la scivolante fuggitiva che porta seco l’anima mia! E perché non sarà essa l’anima mia quella fanciulla leggiadra, quella

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contra all’indole mia mi trovavo a dover fare quel maledetto mestiere ed era qualche tempo che il reverendo Petraccio direttore del seminario mi

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posso più vivere se la Clelia non è mia. Essa sola può alleviare le mie noie e bearmi la stupida esistenza che trascino al fianco di quel vecchio

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contemplare tranquillo tutta la soave bellezza di quella sovrana dell’anima mia! Per Dio! sentii quasi menomare il mio aborrimento per l’assassino

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alla condizione del più umile, del più degradato di tutti i popoli! «Salvata sì portentosamente la mia Nanna e reduce tra i miei coraggiosi compagni

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spirito di articolare una sola parola. Mio padre, amorevolissimo, (io non aveva conosciuta mia madre) soleva nella stagione estiva andare ai bagni di

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«Dondola, o graziosa Naiade, gli eleganti tuoi fianchi sull’onda Mediterranea. Io ti rivedo commossa con tutto l’affetto dell’anima mia! E perché non

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, esercizio confacente alla mia natura, ero capace di passare delle notti intiere in agguato del cignale nelle paludi ove esso ama avvoltolarsi nel fango

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? e allora mi adontavo contro me stesso per la mia paura. Poi non avevo in mano il filo salvatore, che doveva ricondurmi a rivedere il cielo? E cammina

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sottrarlo dall’orribile supplizio. Per fortuna di tutti la mia Nanna mi scosse coll’esclamare oh! una chiave! e veramente con molta perspicacia, volgendo

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di Stamboul, men depresso, ma è altrettanto vizioso e degenerato. E Venezia!, come Roma, come altre sorelle italiche è degenerata! La mia comparsa in

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giungere la perversità umana! e quale lezione per l’italiana gioventù! Quei vittoriosi militi piegano in ritirata!... né odono più la rauca mia voce e

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chiesero impauriti la vita dopo che s’erano macchiati contro i loro vincitori con atti infami da veri vandali quali sono e saranno sempre. Se la mia penna

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ne appassionai in un modo strano, ed in quella stupenda storia della Repubblica sì piena di grandi fatti, di leggende e d’eroismo la mia giovine

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terra ne ho passata la mia parte e se non vi dà noia l’udirmi vi racconterò cose da far rabbrividire».

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dev’essere macerato in terra per averlo glorioso nella vita eterna. In altra mia mi farò un dovere di rallegrare il cuore della Santità Vostra, con

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volto di una simile donna arieggiare l’angelico viso della mia sovrana?». Ed era precisamente plebea l’Annetta: gli scalini della modesta sua casa ove

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, meditando sulla sorte di questa bella, grande ed infelice nostra patria, nell’immaginazione mia, me l’ho figurata: un carro tirato avanti a stento dalla

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il potermela svignare verso di voi. Soltanto, aggiungeva, mi è successo un episodio curioso e che ben poteva impedire la mia venuta. Mentre passavo

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!» ripigliava il compagno e i due amici stettero un pezzo in silenzio. Alla fine Marzio continuò: «Un giorno la mia Nanna, un po’ indisposta s’era

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questione Romana. Profittando della mia relegazione a Caprera ed ingannando come sempre tutto il mondo, il governo fece assicurare dai nostri stessi

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gli vietava e ne disse: Codardi! guardatela, fate da birri in vece mia, ma non la toccate! Oh! Roma! patria dell’anima! tu, sei veramente la sola! l

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glorioso! Ti amo graziosa Naiade perché so che tu ti chiamerai Clelia per l’avvenire, in onore della bella e cara mia compagna, in onore della coraggiosa

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addolorato, contemplando la prostrata giovane. «Oh Dio! rendimi la stella della mia vita!» quasi istintivamente egli esclamava fissando lo sguardo al

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, disse: «Ma per Dio! io non voglio allontanarmi dalla mia famiglia quando essa può trovarsi in pericolo di ricevere insulti da quella canaglia

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a gridare il Cardinale quando l’uscio s’aperse e fece alcuni passi per prender la mano dell’altiera e bellissima artista. «Che fortuna è la mia di

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patrimonio! vuoi tu ch’io l’abbandoni, io che l’amo quanto tu poi amare la tua Clelia ed io... la mia?». Poi, levando in alto gli occhi dopo un istante di

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povera patria mia!». Intanto l’infelice Camilla all’alito soave dell’aria nativa, spossata com’era dalla fatica della mente e del corpo, dallo stupore

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! - gridò la matrona abbracciandolo e spargendo un torrente di lagrime. - Orazio! mio figlio, figlio della migliore amica mia!. «Sì, Orazio! che voi

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quanto voi dite. Comprendo che più utile vi potrò essere in Roma e vi dò la mia parola d’onore che sarò con voi per la vita e per la morte!». Attilio

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cartello firmato Morosini espresso in questi termini: «Io accettai la vostra sfida e vi sto aspettando alla porta dell’albergo nella mia gondola. Ho meco

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credenze del solitario, e confesso anche la mia. Quest’isola era il luogo di rifugio, che Giulia avea scelto, d’accordo con Manlio, per i fuggitivi suoi

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ad Attilio. «Sì, chiedimi a mia madre e sarò tua per tutta la vita». Silvia per vero avrebbe voluto avere il suo Manlio accanto per consultarlo sulla

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foresta, senza macchiarsi con furti o con omicidi, quelli là hanno la mia simpatia. Quando poi all’onesta indipendenza aggiungono l’indole coraggiosa del

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