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spiava. I passeri, guidati da Cipí, si allinearono sopra il muro del cortile. — Io dico che là dentro c'è del buono! - disse Beccodolce che non ne poteva
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e intanto si lecca i baffi...» Ripreso coraggio, tornò giú e, di ramo in ramo, si avvicinò all'animale baffuto e gridò: — Buondí animale straniero, io
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tegola, — fuori c'è la morte! Molti però non l'ascoltarono. — Io ho paura! Io scappo al bosco! — dicevano. E Cipí: — Restate! Il tetto rimbomba, ma ci
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. Un animale baffuto che aveva osservato la scena da lontano, scese dal fienile lentamente e pensò: «Adesso il primo che ci casca me lo pappo io
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dei passeretti! Palla di fuoco stette un po' sopra pensiero poi disse: — Il signore della notte? Ne ho sentito parlare, ma io non l'ho mai visto perché
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: — Adesso gliela do io una lezione alle farfallette che vi hanno fatto tanto soffrire! — E cominciò a lanciare sulle loro spalle vampate di calore. — Oh
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Per fortuna babbo e mamma arrivarono in tempo e lo riportarono nel nido. — Perché fai il disubbidiente? — disse la mamma. — Io voglio vedere che cosa
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sacrifici compiuti per i figli, ma disse: — Io sono fiera di te. Promettimi che resterai sempre cosí, buono con tutti, generoso, vivace e nient'affatto
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pareva dire: «Vieni, vola da me, io ti salverò!» Cipí spiccò un lungo salto verso il cielo azzurro. Un salto ho detto? Un volo! perché riuscí proprio a
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da Mamí. — Oh, mio Cipí, finalmente sei al sicuro, - disse la mamma entrando nel nido. Ma Cipí disse: — Io nel nido non ci vengo, vero Mamí? La mamma
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, arrossì sulle punte dei petali, cercò di chiudere il viso nella corolla e con un filo di voce rispose: — Io... sono stata io... Cipí si mise a ridere
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stato? — dicevano. — È stato quell'antipatico animale coi baffi, — spiegò Cipí, — fingeva di dormire, pareva morto, io mi sono avvicinato per vedere se
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! L'uomo è ancora vicino, — sussurrò Cipí, — se vuoi guarire devi star quieta; e poi sono qua io, non devi temere... — Ho sete! — sospirò la passeretta
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la passeretta migliorava. Qualche volta essa diceva al compagno: — Che tristezza dover stare qui inoperosa, io che facevo tutto da sola e volavo piú
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sicuri. — E sul grande albero dalle palline rosse? — Troppo chiasso! — Io vorrei un posto da cui si vedesse sempre Palla di fuoco, — disse Passeri
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... uuuuu... fate largo! Passo io...! — Cosa sarà successo? — ripeté Cipí incuriosito; stava per uscire quando i due venti si scagliarono l'uno contro
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col becco e la trasse fuori: — Io ti porto via, a vedere i miei piccini... sono tre, meravigliosi! — Lasciami, ti prego, mio caro Cipí... ormai è
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, e certe volte accadevano baruffe. — Lasciami in pace! — diceva la foglia. — Non vedi che sei gialla ormai? — fischiava il vento. — Che t'importa? Io
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paracadute! — gridò il nuvolone. Un fiocco bianco danzava infatti leggero nel cielo gelido e diceva: — Sorelle goccioline, io volo, addio! Perché non
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parevano dire: beccatemi. Beccodolce osservò: — La gabbia è alzata, ci si passa...! — Io vado! — esclamò l'ultimo nato di Piumaleggera. Cipí si oppose
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un boccone giallo che pareva dire: son qui per voi, non scendete? — L'ho visto prima io... è mio! — disse Chiccolaggiú planando sul cortile. Ma Cipí
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nuvole. — O bella... — interruppe Cipí, — io non l'ho mai visto volare, e tu? — Lui non ha bisogno di volare come noi... sta sempre chiuso nel suo
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bisogno. — Io vorrei sapere perché ha il becco tagliente se lui mangia le ombre dei comignoli e beve il tremolio delle stelle! — domandò Cipí a un
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figlio scomparso: — Se lo trovo gli faccio perdere io il vizio di uscire di notte! Ed io credevo di aver allevato dei figli per bene! — Malediceva e
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parole invitavano gli uccelli nel paese della felicità. Io chiamai Passeri e lei, appena si affacciò, si accorse che dietro a quelle luci colorate, c'era
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Passerí disse: — Noi passeri del tetto abbiamo sempre avuto fiducia del signore della notte e ci sembra impossibile che sia un assassino. Io e te
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