Caracciolo De' Principi di Fiorino, Enrichetta
malvagio servo, lo fece stramazzare bocconi, scolpirono profondamente quel risvegliamento nella mia memoria. - È questa la prima e più antica
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portinaia chi avesse recato quel foglio; mi rispose: "Un tale, ignoto a me, che dopo di averlo posto nella ruota, frettoloso se ne partì." In un angolo
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quel recondito mio edifizio, ove traeva solitaria vita, ne sarei stata più tranquilla ancora, ancor più felice coi pochi libri, colle mie meditazioni
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s'incarnò in Gesù Cristo. Da quel punto la beneficenza si organizza in grandi proporzioni: erigonsi ospizi, costruisconsi foresterie, si fondano
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porta, e la conversa corse a vedere di che trattavasi. Giungeva loro un messaggio funesto: compromesso col governo nella sua gestione, quel fratello
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sull'avvenimento che mi aveva crucciata seco lei. - Le ripetei aver posto il tutto in dimenticanza. Da quel giorno avvenne in lei una metamorfosi: l'orso
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potrebbesi giustamente applicare quel detto del Profeta: «Fra mille uomini ne troverai qualcuno, ma fra altrettante donne non ne trovetai pur una.» Neppur
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servilmente la depravazione della metropoli. La gioventù calabrese, briosa per natura, ma pur essa infetta della fatuità che inverniciava quel secolo di
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avessero potuto ispirare amicizia alle monache potenti di quel luogo: il traffico de' voti nel ballottaggio del badessato, le abilita al godimento di
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mezzo aveva ancor essa ricuperato l'impareggiabile benefizio di ricalcare la soglia paterna? La brama di trapelare alcun che intorno a quel portento mi
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anzi che no, aveva ottenuto il governo di quella chiesa mercè l'intervento suo zio, il quale in quel secolo d'oro del papato disponeva a suo talento
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quell'effusione di affetti, in quel bacio di concordia, la figlia del popolano e la figlia del signore formavano una sola persona! Mentre un giorno
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lunghissimo tempo disavvezza alle grandi folle, al flusso e riflusso della piazza, a quel clamoroso favellío, a quell'assordante frastuono di ruote
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le monache di San Gregorio avevano mosso lite per indennizzazione a quel mio parente, che simulato aveva nel tempo della professione d'essermi
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Alla lettura di quel mio foglio, che le suore di Costantinopoli gli trasmisero tal quale, il cardinale restò pietrificato, nè potè capacitarsi che
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, non altrimenti che quel discendente d'Eraclio, che, fattosi assassino del proprio fratello e flagello de' sudditi, preso in disgusto e reggia e
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più quel grato risonare dell'umana operosità: null'altro nel novello deserto, che il monotono ronzar delle mosche, in contrasto coll'uragano, che
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l'assoluzione, che la comunione. Mi venne circa quel tempo l'idea di riscrivere a Roma, e quest'amico che faceva di tutto per calmarmi, s'impegnò di
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gente della penisola propensa al maraviglioso, spinse l'ammirazione fino ad attribuirgli il dono dei miracoli. Quell'anima caritatevole, quel vaso di
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accompagnarmi, e scrisse al vescovo di mandare qualcuno a prendermi a Napoli. Sembrò a quel vescovo stesso tanto capricciosa tale esigenza, che alle mie sorelle
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s'ordinava. Dopo undici mesi, oziosamente passati in quel paesetto, feci una seconda visita al Vescovo. "Monsignore," gli domandai "se vi scacciassero della
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sangue d'Italia, non risuonava più che un solo grido: Morte a Borboni! Viva quel principe, che alla nazione stenderà la mano! Alfine i grandi decreti
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Festevole e sfavillante, quanto sulla cima del Thabor, ritornò al cielo di Napoli quel sole medesimo che tramontando aveva ritratto i suoi raggi dai
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Maria Teresa d'Austria, seconda moglie del re, aveva in quel mentre dato alla luce il principe Luigi conte di Trani. Erasi perciò ordinato di
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tradizione. Se la memoria non m'inganna, quel santo orientale fiorì dopo il regno di Costantino il Magno. Ciò che di positivo si conosce rimonta a tempi
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per ordini, per numero di monasteri, per sesso, per novero di persone, per qualità, ed ora estratto dal censo autentico, che intorno a quel tempo fu
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imbarazzo; un leggero sorriso sfiorò le sue labbra, e modestamente avvicinando la mano al cappello, mi salutò. Quale temerità da parte mia! A quel saluto
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riputazione l'onore compromesso del blasone. Nè, per lavare la macchia, ben sovente immaginaria, conoscevasi altro mezzo che il sangue. A tenore di quel
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risponderò che il danno è tutto mio, avendo più d'una volta con ciò tolto alle mie Memorie il vantaggio del colorito e quel drammatico rilievo che le
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