CARDELLO
magazzino. Quel vino era forte, schietto; e quantunque don Carmelo dicesse che non si poteva scherzare con esso, faceva scoppiettare le labbra a ogni
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ragazzi faceva ressa per vedere i preparativi delle rappresentazioni, quantunque il portone socchiuso non permettesse di scorgere quel che colui stava ad
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cottura nella fornace e poi saggiare la stagnatura. E l'ansietà della prima prova era tale in Cardello che non lo faceva dormire. Quando i vasi e gli orci
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zitto, faceva tutto da sè. Cardello doveva contentarsi di stare a guardarlo, e sgranava gli occhi seguendo quell'operazione misteriosa che doveva poi
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faceva ringraziare con belli inchini il pupazzo, s'inchinava anche lui, sorridendo; infine, quegli applausi e quelle chiamate andavano alla sua persona
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una frana e, tra un boccone e l'altro, faceva calcoli, col lapis, sul libretto degli appunti e tentennava la testa, e borbottava contro l'ingegnere
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dato alloggio in casa sua, e lo mandava qua e là e si faceva preparare il desinare perchè il Piemontese (lo chiamavano così) mangiava una volta al
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usava la sera colà. Bevevano, ciarlavano, e uno di essi il più giovane, gli ripeteva una facezia che faceva aggrottar le ciglia a don Carmelo
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alla grata accanto al finestrone, rideva lietamente anche lui quando Pulcinella fingeva di prendere a calci e a pugni Peppe-Nappa o faceva le viste
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, discretamente discosto. E la madre Abadessa lo felicitò di aver rinunziato al mestiere di burattinaio, che - ripetè - faceva commettere tanti peccati alla gente
CARDELLO
come scrosciano? Tutti e quattro! ... E buttarmi nella vasca! ... Così! ... - Cardello dovè trattenerlo. La febbre lo faceva delirare. - Beva